Tony Hsieh: la storia dell'ex CEO di Zappos

Tony Hsieh, l’eredità controversa del “ceo artista” di Zappos

L’amministratore delegato di Zappos è scomparso da poco all’età di 46 anni dopo una vita di successi ed eccessi. Il suo libro “Delivering Happiness: A Path to Profits, Passion, and Purpose” è diventato un bestseller che ha ispirato molti imprenditori

16/12/2020 , tempo di lettura 6 minuti

Tony Hsieh aveva solo tre paia di scarpe. “Senza contare le infradito”, spiegò. L’amministratore delegato del colosso della vendita delle scarpe online Zappos lo raccontò nel 2010, un anno dopo l’acquisizione della sua azienda da parte di Amazon per oltre 1 miliardo di dollari e quasi dieci anni prima della sua morte, avvenuta lo scorso 27 novembre.


Hsieh è scomparso a 46 anni, in seguito a un incendio nella sua casa del Connecticut, dove si trovava per le vacanze del Ringraziamento. Una fine tragica, preceduta da mesi di abuso di alcol e droghe, che lo avevano spinto nei suoi ultimi giorni a pensare di ritornare in riabilitazione. La fine di un uomo che non ha mai evitato gli estremi, ha scritto il Washington Post. “Qualunque cosa fosse necessaria per offrire la felicità”. 


Ad agosto, si era dimesso dalla carica di ceo di Zappos, che aveva continuato a gestire dopo la vendita ad Amazon. Complice anche l’isolamento legato alla pandemia, negli ultimi tempi si era allontanato dalla famiglia e dagli amici della Bay Area di San Francisco e di Las Vegas.


Recapitare la felicità

Le scarpe in sé non sono mai state il centro della sua vita. “Delivering Happiness: A Path to Profits, Passion, and Purpose” è il titolo della autobiografia del 2013, diventata subito un bestseller, sebbene i profitti a volte sembrassero solo un sottoprodotto della sua passione.

Nei suoi vent’anni da manager, Hsieh ha costruito una delle carriere più insolite nel mondo del business, contribuendo a rivoluzionare il servizio clienti, a riqualificare intere aree della città di Las Vegas, sfidando anche le autorità delle giunte comunali. E soprattutto sovvertendo ogni gerarchia aziendale.


Era un artista con un titolo di ceo”, ha scritto su Twitter Jason Fried, cofondatore e ceo di Basecamp. E per parlare di lui è necessario pensarlo appunto come un artista e non solo come manager di lungo corso del colosso delle scarpe Zappos, ha spiegato Bill Taylor, cofounder di Fast Company, sulla Harvard Business Review. Come qualcuno “guidato da grandi idee e grandi passioni piuttosto che da piani aziendali e obiettivi di prezzo delle azioni”. Questo aiuta a dare un senso ai suoi successi, ma anche ai suoi eccessi e stravaganze.


Nato da una coppia di immigrati taiwanesi, Hsieh è cresciuto a Marin County, in California. Sua madre faceva l’assistente sociale, suo padre era ingegnere chimico. Nel 1995 si laurea ad Harvard in computer science. E mentre ancora studia, gestisce la Quincy House Grille, vendendo pizza agli studenti del dormitorio.


Dopo il college, va a lavorare in Oracle. Ma dopo cinque mesi si dimette e fonda la sua prima azienda, un servizio di pubblicità su Internet chiamato LinkExchange, che poi venderà a Microsoft nel 1998 per circa 265 milioni di dollari. L’anno successivo entra in Zappos come consulente e investitore, tenendo l’azienda a galla durante il fallimento delle dot-com e diventandone poi amministratore delegato.


Ma quella che guidò fu più di un’azienda, raccontano i giornali. Hsieh era ossessionato dalla soddisfazione del cliente, trasformandolo ben presto nel marchio di fabbrica di Zappos. Se i dirigenti delle big tecnologiche della West Coast sono noti per lavorare senza sosta al perfezionamento dei prodotti, per Hsieh il problema non era tanto portare più scarpe a più persone quanto che i suoi clienti fossero soddisfatti del suo servizio. Promettendo di accettare resi senza fare domande e dicendo semplicemente agli acquirenti che si fidava di loro, in modo che anche loro si fidassero di lui. Oggi sembra strano pensare di avere una connessione con una piattaforma di e-commerce, ma la connessione era quello che Hsieh cercava.


“La sua grande idea era che la vendita al dettaglio online potesse essere molto più che offrire prezzo, qualità e selezione, sebbene Zappos offrisse tutto questo”, spiega Bill Taylor. “Tutto ciò che Zappos ha fatto (e fa) aveva lo scopo di divertire, stupire, sorprendere e coinvolgere in altro modo i clienti, ‘offrire felicità’ nelle parole di Tony, come il titolo del suo libro”.


Senza gerarchie

Ma Hsieh capisce subito che non si può costruire qualcosa di speciale sul mercato a meno che non si crei qualcosa di potente anche sul posto di lavoro. E così non fa altro che estendere le sue idee anche al funzionamento stesso dell’azienda. Non credeva nelle gerarchi aziendali. Per cui decide di assegnare ai dipendenti di Zappos qualifiche inesistenti come “fungineer”, ingegneri della felicità. E quando Mark Guadagnoli, professore di neuroscienze all’Università del Nevada, si prende una pausa dalla carriera accademica per lavorare a Zappos, Hsieh gli conferisce il titolo di “guardiano dello zoo”, incaricandolo di creare la Zappos University, il centro di formazione culturale dell’azienda.

Nella sua vita – scrive il Wall Street Journal – ha provato a “riunire le persone”. Dedicando la sua vita personale e professionale alla ricerca di una “unione spirituale” anche con i suoi colleghi.

Una cultura aziendale sui generis, amata e odiata. Tanto che Hsieh si offrì di pagare i dipendenti per lasciare il posto di lavoro, nel caso in cui non fossero d’accordo con l’assenza di gerarchie o non fossero in grado di evocare l’entusiasmo necessario per Zappos. Circa il 18% dei dipendenti e manager lasciò. Ma Hsieh rimase fedele a quel modello.


Nel 2009 arriva l’acquisizione da parte di Amazon e Zappos si trasforma in azienda nella azienda. Hsieh disse che era una mossa per consentire a Zappos di “continuare a costruire la sua cultura, il marchio e il business. Saremmo liberi di essere noi stessi”.



La comunità di Las Vegas

Al di fuori del lavoro, Hsieh si era dedicato anima e corpo a Las Vegas, dove ha trasferito la sede di Zappos nel vecchio municipio cittadino, diventando una sorta di eroe locale dopo aver investito 350 milioni di dollari nella rivitalizzazione del centro della città. Nel suo Downtown Project coinvolse artisti, nerd, imprenditori, creando una sorta di nuova comunità. Mentre lui, in un altro atto di stravaganza, si trasferiva da uno spazioso appartamento a una roulotte Airstream ubicata in un parcheggio all’avanguardia.


All’inizio del 2020, aveva provato a replicare l’esperimento di Las Vegas, acquistando altre proprietà nella località turistica di Park City, nello Utah. Ma la pandemia ha tirato il freno a mano di questo ennesimo progetto. 


Hsieh ha sempre tentato di farsi strada verso la felicità creando comunità a sua immagine, spiega il Washington Post. Fino ad arrivare ad hackerare se stesso, cercando di riprogrammare il suo corpo con ore limitate di sonno o sottoponendosi a digiuni forzati. Frequentava spesso, come tanti nella Bay Area, il festival musicale Burning Man nel deserto del Nevada. E tra le tante bizzarrie della sua vita, possedeva anche un alpaca.


Le feste a base di alcol erano frequenti in azienda e nelle sue case a San Francisco, Las Vegas e Park City. Alla rivista Playboy nel 2014 raccontò di aver scritto il suo libro in parte alimentato da chicchi di caffè imbevuti di vodka. “In definitiva la felicità è solo godersi la vita”, scrisse. “Quando hai bisogno di fare festa, fai festa. Quando hai bisogno di produrre, produci”.


Dal Roi al Roc

“Prediligeva le collisioni rispetto alla convenienza”, ricorda Bill Taylor. Hsieh aveva spostato la sua attenzione “dal Roi, ritorno sull’investimento, al Roc, ritorno sulla connessione”. Voleva che l’area vicino alla sede di Zappos a Las Vegas diventasse la “capitale mondiale del coworking e del colearning”. L’esperimento, in realtà, non gli era ancora riuscito del tutto. Anche se il “Life is Beautiful Music & Art Festival”, che Hsieh ha portato in città, nel 2019 è stato il secondo festival con il maggior incasso al mondo.


“È una sperimentazione costante di nuove idee”, ha detto Hsieh per spiegare del Downtown Project di Las Vegas. “Il punto è che non esiste un piano generale”. 


Ecco, questo è un ottimo modo per riassumere la vita e il talento artistico di Hsieh, dice Taylor. “Come imprenditore, ha sperimentato costantemente. E anche se non c’è mai stato un piano generale, c’è sempre stato un profondo impegno nei confronti dei valori umani e progressisti: una profonda connessione con i clienti, una forte lealtà alla cultura e ai colleghi, una passione per la vita, una sete di creare. Siamo tutti più ricchi per l’azienda che Tony ha costruito e le lezioni che ha impartito”.

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