Salvatore Iaconesi, l’hacker artista che sfrutta la tecnologia per una cura collettiva
Salvatore Iaconesi è un ingegnere, un hacker, ma soprattutto un artista che è riuscito a trasformare la sua malattia in opere artistiche. Scopri la sua storia.
La voce e l’espressività sono sempre state al centro della vita di Salvatore Iaconesi, come se sin da bambino, quando cantava nel coro della Chiesa prima in Italia e poi a Philadelphia, sapesse che attorno ad esse avrebbe ruotato la sua intera esistenza. Non perché col tempo si sia trasformato in un cantante o in un oratore di professione, ma perché tramite la sua voce e la sua espressività Iaconesi è riuscito ad esorcizzare la sua malattia, un tumore nell’area Broca del cervello, quella coinvolta nell'elaborazione del linguaggio. Una diagnosi che avrebbe abbattuto chiunque e che invece Iaconesi è riuscito a trasformare in un’esperienza unica che ha varcato le mura grigie del reparto di oncologia ed è letteralmente arrivata in tutto il mondo grazie alla sua capacità di coniugare arte, scienza e tecnologia.
Chi è Salvatore Iaconesi
“Ho usato sempre la voce anche nella mia espressione artistica - scrive lo stesso Iaconesi su Artribune - Non tanto nel canto, a cui ho perso l’abitudine, ma con la lettura e la performance dialogica. Proprio di recente, a Torino e a Bologna, ho messo su una performance in cui i dati sulla povertà estrema nel mondo diventavano un reading performativo in cui narravo una storia globale della povertà, dall’anno 1 ai giorni nostri”.
Leggendo le prime righe del suo curriculum, Iaconesi sembra ciò che di più lontano possa esistere dal concetto classico di arte e di cultura. È un ingegnere robotico, un designer, un hacker, ma anche un professore dell'Università La Sapienza di Roma e dell'Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Firenze. Andando avanti con la lettura del suo profilo spunta però un’altra parola fondamentale: artista. Ed è grazie alla commistione di tutti gli elementi che lo caratterizzano che Iaconesi nel 2004 ha creato Art is Open Source, un progetto che coniuga arte, scienze, tecnologia, comunicazione e design per realizzare opere e progetti volti ad “esplorare i livelli di libertà degli esseri umani nel mondo contemporaneo”, si legge sul sito.
“Viviamo in un mondo complesso e complicato, in cui scienza e tecnologia sono allo stesso tempo la nostra salvezza e il pericolo maggiore che corriamo. La scienza può salvare dal cancro, ma può anche determinare definitivamente il collasso climatico. La tecnologia può permetterci di esprimerci come non mai nella storia dell’essere umano, ma può anche essere l’arma perfetta dei governi autoritari. E così via. Questo tipo di giustapposizioni sono dappertutto”, racconta Iaconesi.
La Cura
Nell’articolo pubblicato su Artribune, l’hacker artista racconta i momenti più difficili della sua malattia: dal primo intervento nel 2013 a causa del quale è stato costretto a ri-imparare a scrivere, al ritorno del cancro lo scorso anno. La seconda volta il male ha colpito in maniera ancora più dura, influendo sulle sue capacità di vocalizzazione: “Le parole, dentro di me, si formavano nei pensieri: ero capace di formularne anche di complessi subito dopo l’operazione. Ma vocalizzarli: niente”, spiega.
Ma l’espressività e il bisogno di comunicare di Iaconesi hanno battuto anche ciò che il tumore ha fatto ai suoi muscoli e ai suoi tessuti connettivi. E lo hanno fatto attraverso un esperimento che nel 2016 è diventato anche un libro, La Cura, scritto con la moglie Oriana Persico, che con il marito crea ogni iniziativa artistica. Un’opera in cui Iaconesi parla del modo in cui ha affrontato la sua diagnosi, facendo cioè ciò che sa fare meglio: coniugando tutti i suoi talenti. Da hacker che si rispetti, ha deciso di pubblicare online la sua cartella clinica e ha chiesto al mondo di partecipare alla sua cura in pieno spirito open source. E il mondo ha risposto con una partecipazione senza precedenti, entrando a far parte di “una performance globale per riappropriarsi del proprio corpo e della propria identità creando una cura partecipativa open source per il cancro”. La sua malattia si è dunque trasformata in un esperimento collettivo di condivisione e apertura, diventando esso stesso “una cura” per l’anima.
“La scienza e la tecnologia, ora, estraggono. Questo è il loro modello: dall’ambiente, dai nostri comportamenti, dai nostri corpi, dalla nostra psicologia, dalle nostre relazioni. Estraggono per sfruttare”. Come evitare di essere cannibalizzati? Inserendo nell’equazione un terzo elemento, l’arte. “Portare l’arte in questo loop vuol dire, infatti, reinserire la sensibilità, i sensi, il sensibile nel modello, trasformarlo radicalmente: rendere il modello sensatile, atto alla sensibilità, alla coesistenza senziente invece che alla separazione anestetica”, spiega Iaconesi.
Di Protoni e Dati
L’ultima fatica di Iaconesi e Oriana Persico si chiama “di Protoni e Dati. La Cura, l’Arte, la Scienza”, un’opera concepita durante le sedute in ospedale di protonterapia, un metodo avanzato di radioterapia che usa i protoni e non i fotoni. “Dall’esperienza del trattamento, Salvatore Iaconesi trae una nuova opera d’arte, che trasforma i dati di una seduta in suoni tridimensionali. I protoni, da materia invisibile, si rivelano alla percezione aprendo dialoghi ed esperienze condivise fra l’arte, la scienza e la società”, spiega la Fondazione Bruno Kessler che insieme ad altri tre centri di ricerca collabora all’iniziativa. Di nuovo, la terapia che si trasforma in arte. Una costante nella vita di Iaconesi e un’opportunità per tutta la sua comunità che grazie alle sue opere guarisce ogni giorno insieme a lui.