Il lato umano dei dati
Sperimentare nuove modalità di visualizzazione dei dati è un processo necessario per cogliere gli aspetti umani dei dati e farne una rappresentazione più sincera.
La rappresentazione visiva delle informazioni è una disciplina che, seppur formalizzata solamente nell’ultimo secolo, ha radici molto antiche e ha accompagnato la storia dell’uomo fin dal principio della vita comunitaria. Contare e organizzare sono sempre state due esigenze cruciali per gli esseri umani, a partire dalle primissime pitture rupestri, in cui venivano rappresentati i fenomeni fondamentali della vita di una comunità, come ad esempio la caccia, oppure l'organizzazione della società, attraverso rappresentazioni della struttura gerarchica. La necessità di sintetizzare fenomeni più o meno complessi è oggi, a distanza di qualche millennio, più rilevante che mai; la quantità di informazioni e di dati sottostanti sta aumentando a un ritmo sempre più accelerato, al pari degli enormi miglioramenti tecnologici degli strumenti e delle macchine che utilizziamo per elaborarle.
Evoluzione di un linguaggio/codice di rappresentazione e comunicazione
Molto spesso si è soliti legare il concetto di “data visualization” a quello di big data, ai computer e alle tecnologie di alto livello, ma la realtà per forza di cose è molto più “umana” di così. Gli esseri umani hanno iniziato a organizzare le loro vite sperimentando consapevolmente il mondo e maturando la necessità di comunicare fatti, esperienze, condividere e preservare la conoscenza accumulata nel corso del tempo. Nei secoli, questa attività è progredita notevolmente nelle forme più disparate, la scrittura, i numeri, la pittura, la musica, la danza, le tradizioni orali. La data visualization come forma espressiva e comunicativa, per come la conosciamo ora, è dunque il frutto di una lenta e costante evoluzione, fatta di contaminazioni con altre forme di espressione. In questo senso possiamo dunque dire che la data visualization è, per definizione, un mondo dove arte e scienza si fondono, un ecosistema che si serve di metafore visive, linguaggi codificati in forme, colori, posizioni e una serie di altri attributi che possono essere definiti "variabili visive". Le "variabili visive" sono dunque degli oggetti grafici, simboli portatori di informazioni, che si differenziano da altri oggetti, un concetto sistematizzato dal cartografo Jacques Bertin nel libro Sémiologie Graphique pubblicato nel 1967.
La misura non sia solo un numero ma un’esperienza
La data visualization è una disciplina affascinante che permette di sperimentare modalità visive coinvolgenti per trasmettere la ricchezza delle storie che sperimentiamo nel quotidiano, piuttosto che cercare di semplificarle o alleggerirne il carico di informazioni. Le emozioni che una persona prova di fronte ad un artefatto visivo sono un veicolo potente per far sì che il messaggio da trasmettere si leghi a qualcosa di più forte della sola informazione originale: che la misura non sia dunque solo un numero ma un’esperienza.
Perché è importante accedere a questo lato emotivo delle informazioni? Perché è fondamentale ricollegare queste attività al lato più intimo e personale della nostra vita? I dati rappresentano la vita reale ma non sono essi stessi la vita reale. Sono un'istantanea del mondo, così come lo è una fotografia che mostra un'unica prospettiva e che può essere più o meno a fuoco, più ampia o più stretta. I numeri sono sempre un’immagine possibile di una realtà, un modo per catturare un punto di vista. Dimenticarselo significa non riuscire a rappresentare i limiti e le sfumature intrinseche dei dati.
Un'istantanea delle realtà più sincera e intima
"Basato sui dati" non significa "inconfondibilmente vero". Le realtà più innovative al mondo lavorano ogni giorno per far sì che questa presunzione di controllo assoluto, di verità universale, lasci il posto a una rappresentazione sincera dei numeri e delle piccole imperfezioni che li caratterizzano per descrivere un fenomeno. L’approccio che caratterizzerà il futuro della visualizzazione dei dati comprende regole rigorose per una corretta e trasparente rappresentazione visiva delle informazioni ma accoglie anche l'imperfezione e l'approssimazione, permettendoci di immaginare modi per utilizzare i dati per sentirci più empatici, per connetterci con noi stessi e gli altri a un livello più profondo. Maggiore è lo sforzo che dedichiamo alla ricerca dei linguaggi più vicini alle persone, più facile sarà per il lettore, comprendere e relazionarsi alle storie che raccontiamo, ai fenomeni che rappresentiamo. È importante cercare sempre di rendere gli aspetti più qualitativi e imprecisi dei dati sperimentando, per esempio, come visualizzare l’incertezza, gli errori intrinseci che vivono all’interno degli archivi con cui lavoriamo e le loro naturali imperfezioni.
La data visualization sarà dunque inevitabilmente incentrata su una forte componente di "umanizzazione" e personalizzazione, attraverso un codice visivo variabile, in grado di connettersi intimamente con chi legge. La sfida è quella di trovare le modalità per essere scientificamente accurati senza dimenticarsi del lato umano delle storie e dei fenomeni che stiamo raccontando, tutto quello che sta dietro alle informazioni numeriche.