Il nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)

Il nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)

Cos’è il Fondo Salva Stati e cosa prevede la riforma

02/12/2020 , tempo di lettura 6 minuti

Dopo un anno di attesa e rinvii dovuti anche all’emergenza epidemiologica da Covid 19, i ministri dell’Economia della zona euro hanno dato l’ok definitivo alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, meglio noto come Mes o Esm, che ora dovrà essere firmata dai capi di Stato e di governo e poi ratificata dai Parlamenti nazionali.

Gli aiuti tradizionali del Fondo Salva Stati – che tanto divide la politica italiana e non solo – vengono così ridisegnati, con l’obiettivo di prevenire le crisi anziché curarle con i programmi di ristrutturazione dolorosi che sono costati al Mes la sua cattiva fama.


Andiamo con ordine: cos’è il Mes?


La storia di questo meccanismo nasce nel 2010-2011, quando alcuni Paesi europei si trovarono sull’orlo del tracollo finanziario. L’articolo 123 dei trattati europei vietava di salvare i Paesi in difficoltà, in quanto la Bce non può essere prestatore di ultima istanza. Un vuoto nella costruzione europea, come spiega Alessandro Mangia, docente di Diritto Costituzionale dell’Università Cattolica di Milano in “Mes. L’Europa e il Trattato impossibile” (Scholé).

Ma davanti alla crisi greca, questo articolo venne aggiornato prima con un fondo temporaneo (Efsf, European Financial Stability Fund) e poi con uno permanente, il Mes appunto. Che venne istituito nel 2012 – come ricorda l’Ispi – proprio dietro forte richiesta dell’Italia, che rischiava di non avere ancore di salvezza europee nel caso in cui il debito pubblico diventasse insostenibile.

Il Mes è una organizzazione intergovernativa (ma non una istituzione europea), con sede a Lussemburgo, creata con un Trattato affiancato (ma non incluso) a quelli europei, che può contare su un capitale di 700 miliardi di euro, di cui gli Stati membri versano un contributo pro quota. L’Italia è il terzo maggior socio del Mes, dopo Germania e Francia, con 14,33 miliardi di capitale versato e 125,4 miliardi di capitale sottoscritto.

L’organizzazione, diretta dal tedesco Klaus Regling, raccoglie fondi sul mercato dei capitali e si finanzia emettendo obbligazioni, con una capacità di prestito massima di 500 miliardi.

Il Mes può concedere prestiti ai Paesi in difficoltà – è successo con Cipro (6,3 miliardi), Grecia (61,9 miliardi) e Spagna (41,3 miliardi) – ma a fronte di rigide condizionalità (“under strict conditionality”). Chi riceve i prestiti si obbliga ad approvare un memorandum di intesa che definisce con precisione e rigore quali misure si impegna a prendere per tagliare il deficit e il debito e quali riforme strutturali approvare.

Il Mes opera in coordinamento con la Commissione europea, a cui spetta la negoziazione sul memorandum con il Paese coinvolto e con la Bce o il Fondo monetario internazionale (nel caso in cui venga coinvolto nel salvataggio).


In che cosa consiste ora la riforma del Mes?


La riforma si è resa necessaria per dare al Mes una serie di nuovi compiti, nell’ambito degli obiettivi approvati dal Consiglio europeo nel dicembre 2018 per completare l’unione economica e monetaria.

Tra questi obiettivi, c’è anzitutto il paracadute, backstop, ovvero la garanzia di ultima istanza per il Single Resolution Fund (Srf) o Fondo Unico di Risoluzione bancaria. Questo è un fondo pensato proprio per accantonare, tramite contributi delle banche dei Paesi membri, le risorse necessarie per salvare gli istituti di interesse per l’intera Ue. La garanzia ora dovrebbe essere fornita dal Mes nel caso in cui il Fondo di risoluzione bancaria si trovi a corto di fondi. Il backstop, nelle intenzioni originarie, sarebbe dovuto entrare in vigore, entro il primo gennaio 2024. Ora dovrebbe entrare in vigore a inizio 2022.

Poi ci sono le linee di credito per gli Stati. Le linee del Pandemic Crisis Support creato nella prima metà del 2020 per aiutare gli Stati a combattere la pandemia di Covid-19, e finora inutilizzate, non fanno parte della riforma.

Le due linee di credito principali del Mes sono invece le Precautionary Conditioned Credit Lines (Pccl) e le Enhanced Conditions Credit Line (Eccl).

La riforma punta a rendere la Pccl più efficace, in quanto funziona come una polizza di assicurazione: il fatto stesso che esista dovrebbe essere sufficiente a placare i mercati. Questa linea di credito, in pratica, serve a disinnescare le crisi, impedendo che diventino più gravi (cosa che invece costringerebbe lo Stato a richiedere un prestito vero e proprio al Mes, accompagnato dalle condizionalità). Con la riforma, l’accesso alle Pccl sarà riservato agli Stati con una situazione finanziaria ed economica robusta e un debito sostenibile. Tra i criteri per accedere, ci sono: non aver superato il 3% nel rapporto deficit/Pil; un debito pubblico inferiore al 60% del Pil o una riduzione nel differenziale rispetto al 60% nei precedenti due anni a una media di un ventesimo l’anno.

Chi richiede la Pccl non dovrà firmare un memorandum, ma una lettera di intenti, in cui si impegna a continuare a rispettare tutti i criteri di eleggibilità, che saranno valutati ogni sei mesi.

I Paesi che non rispettano i criteri per la Pccl possono chiedere invece la Eccl, Enhanced Condition Credit Line, firmando però un memorandum d’intesa, con cui si impegnano a rispettare le condizioni previste dal memorandum, comprese le misure correttive, sotto la sorveglianza della Commissione europea.

Poi ci sono le Cacs, Collective Action Clauses, clausole di azione collettiva previste nei titoli di Stato, che consentono di cambiare le condizioni contrattuali a maggioranza, rendendo i cambiamenti efficaci per tutti i titoli, non solo per quelli detenuti da coloro che hanno acconsentito a una ristrutturazione.

Attualmente, le Cacs prevedono che, per cambiare le condizioni contrattuali, serva una doppia maggioranza, una al livello di ogni serie di titoli e l’altra a livello di tutte le serie combinate. Con la riforma vengono introdotte le Single-Limb Cacs, che prevedono solo la seconda delle due maggioranze.

Il nuovo trattato sul Mes entrerà in vigore solo dopo la ratifica nei Parlamenti di tutti i 19 Stati membri. In ogni caso, ogni memorandum di intesa di ciascun Paese verrà firmato sia dalla Commissione che dal direttore del Mes, che prepareranno insieme le valutazioni necessarie ai nuovi programmi. Nel caso in cui il Mes e la Commissione non concordino sull’analisi di sostenibilità del debito di un Paese, sarà la Commissione a essere responsabile dell’analisi.

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