
La cultura e le storie come ponte fra le generazioni
Si parla spesso delle diffidenze delle aziende nei confronti delle nuove generazioni, un tema che apre la questione più ampia del confronto intergenerazionale in azienda: come fanno generazioni diverse a convivere nello stesso luogo di lavoro?
Negli scorsi mesi, ha fatto molto discutere una ricerca realizzata da Intelligent secondo cui 6 aziende su 10 hanno licenziato un neolaureato nel corso del 2024.
Sempre secondo la ricerca, che ha coinvolto 966 leader aziendali statunitensi, il 75% delle aziende si ritiene insoddisfatta di tutte o quasi le assunzioni di giovani avvenute durante lo scorso anno. Le ragioni principali di questa insoddisfazione sarebbero da ricercare in una mancanza di motivazione e iniziativa (50% dei casi), mancanza di professionalità (46%) ma anche scarse capacità organizzative e comunicative, problemi col ricevere feedback, difficoltà a lavorare in team.
Per quanto si tratti di una ricerca focalizzata solo sul mercato statunitense e per certi versi sia comprensibile perché siano proprio le persone con meno esperienza a rischiare di non essere rinnovate, parliamo evidentemente di percentuali molto alte. E allora la domanda sorge spontanea: le nuove generazioni non hanno voglia di lavorare oppure sta succedendo qualcosa di più profondo?
Un nuovo scenario generazionale
Di sicuro, e questo non vale solo per gli Stati Uniti, in ogni settore sta succedendo qualcosa che non è mai successo. Per la prima volta nella storia, quattro generazioni diverse stanno lavorando nello stesso momento:
- Baby Boomers (1946-1964)
- Generazione X (1965-1979)
- Millennials (1980-1996)
- Generazione Z (1997-2012)
Con l’uscita graduale della generazione dei Boomers e l’ingresso della Gen Z, le aziende devono trovare un equilibrio per integrare le diverse esperienze, valori e competenze. Basti pensare che oggi, la Gen Z rappresenta già il 25% della forza lavoro globale e arriverà a un terzo entro il 2030; in Italia, parliamo di 9 milioni di persone.
Persone, appunto, quindi individui unici e diversi fra loro.
Ogni categoria è di per sé una forma di semplificazione della realtà e la divisione fra generazioni non fa eccezione. Come tutte le categorizzazioni però, ci aiuta anche a capirla la realtà e così a ogni generazione possiamo associare determinate caratteristiche e attitudini.
I Baby Boomers con la loro esperienza e la forte etica del lavoro, la Generazione X più pragmatica e capace di adattarsi, i Millennial che hanno vissuto la digitalizzazione e tendono a ricercare un senso nel loro lavoro e infine la Generazione Z: nativi digitali e attenti all’innovazione e all’autenticità.
Differenze che in azienda possono diventare un ostacolo ma anche una risorsa.
Il confronto tra generazioni
Di cos'è fatta una generazione? Di battaglie, di movimenti, di invenzioni. Ma soprattutto di musica, di libri, di film, di idoli: insomma, di storie.
I Gen X sono tali perché hanno vissuto i Beatles, le contestazioni giovanili, la corsa allo spazio, la New Hollywood e tutto ciò che ha caratterizzato gli anni ‘60. Una generazione non è definita dall’età, ma dai simboli culturali che la contraddistinguono.
Il concetto di generazione riguarda il contesto storico in cui cresciamo, i contenuti e le mode che abbiamo vissuto, i comportamenti e i valori che ci hanno formato.
Di conseguenza, sono culturali anche i principali fattori attorno a cui le generazioni si distinguono:
- Linguaggio e stili comunicativi
- Capacità tecnologiche
- Valori e aspettative
- Stereotipi generazionali e pregiudizi
- Prospettive e priorità lavorative
D’altronde, il tema dello scontro fra generazioni non è una novità ma una specie di passaggio obbligato, a livello personale e collettivo, e uno dei motori fondamentali del cambiamento di ogni società.
Questo è diventato vero soprattutto a partire dagli Anni Sessanta, quando proprio i Baby Boomers - gli stessi che spesso oggi si lamentano delle nuove generazioni - arrivarono a sconvolgere costumi e paradigmi sociali cristallizzati da secoli.
Ma gli stessi fattori culturali che sono motivo di distanza fra le generazioni possono diventare un terreno di dialogo. Perché solo così si può generare un cambiamento capace di far stare più a proprio agio i singoli individui e far crescere un’organizzazione nel suo complesso, stimolando l’innovazione, arricchendo la cultura aziendale e migliorando le capacità comunicative.
Una prospettiva che implica un atteggiamento di comprensione e ascolto dei singoli ma anche la creazione di spazi e momenti in cui concretamente questo dialogo possa instaurarsi: condivisione di storie ed esperienze, percorsi di formazione e mentorship, progetti comuni, team intergenerazionali.
Spazi e momenti che hanno proprio nelle storie e nella cultura degli straordinari strumenti di confronto e comprensione reciproca.
La Gen Z non ha voglia di lavorare oppure non ha voglia di lavorare allo stesso modo?
Tornando al dubbio con cui abbiamo aperto questo articolo, la risposta è ovviamente no, non è vero che le nuove generazioni non hanno più voglia di lavorare. Ma è sicuro e normale che non vogliano più lavorare come è stato fatto dalle generazioni precedenti.
In particolare, numerose ricerche e sondaggi raccontano come sia diversa per la Generazione Z la prospettiva stessa del lavoro: dall’importanza dell’equilibrio vita-lavoro alla ricerca di un senso per la propria esistenza che vada al di là del proprio impiego. A cui si aggiunge una maggiore attenzione verso i temi legati all’inclusione e alla responsabilità sociale e ambientale delle imprese.
Differenze che bisogna imparare a capire e adattarsi di conseguenza.
Un approccio che dovrebbe valere anche verso i lavoratori e le lavoratrici con maggiore esperienza, che rischiano allo stesso modo di ritrovarsi isolati per via del crescente divario con le nuove generazioni in merito all’uso della tecnologia e agli stili comunicativi.
La chiave resta sempre la stessa: ascoltarsi, raccontarsi e riconoscersi come parte di uno stesso racconto.
Se vuoi costruire in azienda dei percorsi di dialogo fra le generazioni grazie alle storie e alla cultura, scrivici.