La scuola a casa

La scuola a casa

Un documentario per esplorare le conseguenze delle chiusure delle scuole durante il lock down in una piccola comunità

10/12/2020 , tempo di lettura 3 minuti

Quando non c’è stata - perché chiusa durante il primo periodo di lockdown causato dalla pandemia di Covid-19 - la scuola “è diventata un punto di riferimento”. Un apparente paradosso raccontato dal documentario “La scuola a casa”, diretto da Roberto Ronchi e Mara Corradi. 

I protagonisti sono i bambini, le famiglie, gli insegnanti e il personale scolastico di una scuola primaria del quartiere Bovisa a Milano: 25 persone di età e provenienze diverse che raccontano l’esperienza vissuta in questa situazione imprevista e fuori dall’ordinario che ha segnato la vita di tutto il mondo nel 2020.  

Dall’iniziale stupore riguardo a cosa stava accadendo a febbraio, mentre ci si iniziava a rendere conto che il coronavirus non era un problema lontano, di altri, ma una questione terribilmente vicina, fino al momento in cui le persone intervistate iniziano a realizzare che cosa comporta ricreare un’educazione e una simil-quotidianità scolastica a distanza, a scoprire le difficoltà e i limiti nel metterle in pratica.  

Per tutti, il fattore comune è che, trasformata la casa in un luogo in cui si trasmette e si riceve insegnamento, la collaborazione è la chiave fondamentale per poter ricreare una forma di comunità, trovando una soluzione, una possibile via d'uscita a una crisi che minaccia, non solo la salute fisica, ma anche quella delle relazioni. 


Il ruolo della comunità

Dalle parole dei protagonisti, però, emerge l’idea di una comunità che ragiona e parla di integrazione, inclusione sociale, educazione e salute pubblica, che coglie i nessi tra tutti questi aspetti, che riconosce nella scuola un punto di riferimento per la comunità - spesso sminuito o non valorizzato, in tempi “normali”.  

Il documentario non mira a indagare il problema più generale delle necessità delle scuole, degli allievi e degli insegnanti di fronte alla chiusura imposta dalle ragioni sanitarie. Il risultato del lavoro è più un esempio concreto e non assoluto di come possono andare le cose in una situazione imprevista, di come le azioni, i tentativi e gli errori - come del resto sostengono saggi di ogni luogo e tempo - siano anch’essi una forma educativa e di apprendimento utile a ogni età.  

Di certo, associare il racconto che emerge da questo lavoro e le denunce degli stessi insegnanti sulle difficoltà e soprattutto sulle origini lontane di questi problemi, radicate nei tagli, nel personale numericamente carente, nella scarsa disponibilità di laboratori, computer e connessioni veloci fa pensare e richiede di ripensare a come debba essere una formazione attuale. Non solo badando a cosa serva agli allievi per affrontare quello che verrà nella loro vita, ma anche per dare oggi, al più presto, strumenti ai docenti per aggiornarsi, stimoli per restare sintonizzati con le generazioni che educano, per fronteggiare le sfide del loro lavoro.

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