Le emozioni sono intelligenti

Le emozioni sono intelligenti

Sono la parte ancestrale della nostra intelligenza: per questo è importante imparare a far danzare insieme i sentimenti con la parte più razionale per ritrovarci sul sentiero della nostra realizzazione

Gianfranco Damico
Gianfranco Damico
03/06/2021 , tempo di lettura 4 MINUTI

Un negozio qualunque. Una commessa - o un commesso - qualunque. Sei entrata (o entrato) perché avevi bisogno di un certo capo d’abbigliamento. Mentre la commessa, con quelle espressioni, quelle parole e quei gesti, ti mostrava qualcosa, tu la sentivi lontana, disinteressata, o troppo interessata, certamente distaccata dai tuoi bisogni e centrata sui suoi. E hai cominciato a sentire dentro qualcosa. Non hai trovato quello che cercavi e, ricambiato il suo saluto di circostanza - molto formale, finto, quasi scocciato - sei uscita.

Nel negozio successivo la commessa che ti accoglie ha un bel sorriso aperto, ti saluta con genuino calore e ti ascolta molto attentamente mentre le spieghi cosa ti serve. Poi si fa in quattro per te, tirando giù articoli su articoli sempre con calda cortesia. Ma niente da fare: il capo che cercavi non c’è. Esci seguita dalla commessa che ti manifesta il suo sincero dispiacere per non averti potuto accontentare, e il suo auspicio a vederti presto, per un’altra occasione, magari più fortunata.

Stop. 

Quel che fa la differenza

Qualche mese dopo ripassi da quella via perché ti serve una gonna per tua figlia. E lo senti subito: qualcosa (sì, di nuovo un qualcosa) dentro di te, che ti spinge lontano da quel primo negozio, come da lì emanasse una sostanza tossica, e ti spinge verso il secondo negozio; ci entri volando, quasi senza accorgertene, quasi risucchiata dentro.

Perché? Cosa è successo? È successo che quel “qualcosa” in te ha fatto la differenza. Quel qualcosa è la “qualità emozionale” che hai provata la volta precedente. È come ti sei sentita. La differenza è l’emozione! Ed è la sua principale custode e sentinella, l’amigdala - una parte del tuo cervello grande come una mandorla - che ti ha tenuto lontana dal primo e ti ha spinto verso il secondo. Riesce a farlo anche se tu non hai più memoria consapevole di ciò che accadde il mese precedente. Lei “lo sa”. E decide per te.

Puntatore emozionale

Perdonatemi se per parlare di emozioni uso un’immagine “commerciale”, così poco poetica. Ma l’emozione questo è in prima istanza: un “puntatore direzionale” della tua attenzione e del tuo agire (ti dice: “Ehi, guarda qui! No, non  lì!…e nemmeno lì! Qui!"), la cui prima funzione è determinare ciò da cui tenerti a distanza - minaccia -, e ciò verso cui spingerti - risorsa -. È stata forgiata dall’evoluzione per indirizzare la nostra attenzione sulle nostre priorità e permetterci di sopravvivere e crescere. E non ci ha più lasciati. Anzi, è sempre presente, lì in quell’insieme di circuiti neuronali molto antichi definiti “sistema limbico”, il nostro cervello emozionale (anche se oggi abbiamo imparato che niente nel cervello agisce in modo isolato; è sempre una sinfonia di parti). Non solo è sempre presente, ma essa arriva prima di ogni nostro pensiero logico-razionale, che è mediato da circuiti molto più recenti nei nostri lobi pre-frontali, infiltrandolo e condizionandolo profondamente.

L'emozione ci dà la priorità

È dopo, solo dopo che questa nostra attribuzione emozionale ha svolto il suo gioco, che interviene la nostra mente analitica e razionale, dando a quell’impulso emotivo un significato più vasto, profondo e soprattutto culturalmente contestualizzato. E a smussarne le asperità se serve. Ma senza l’emozione, il pensiero non solo non riesce a distinguere tra priorità, ma perde anche una parte della sua capacità interpretativa degli eventi - e delle persone. Parimenti, l’emozione, senza quella capacità del pensiero analitico-prospettico di approfondire il significato delle cose alla luce dei contesti socio-culturali in cui siamo, rischia di portarci fuori strada; non è una buona idea rispondere oggi a uno stimolo nel centro di Milano, come fossimo ancora nella savana.

Una danza tra natura e cultura

È dunque una danza tra natura e cultura. Tra biologia e modelli culturali. Un processo circolare di fecondazione reciproca tra viscere, cuore e mente, che costruisce ciò che chiamiamo “intelligenza”, la quale ha un’anima duplice: una più antica, ancestrale, istintiva, veloce, pre-cognitiva; e una dalla maggiore precisione analitica, più recente, che ha costruito il mondo in cui viviamo.

Quando impariamo a gestire questa danza, accadono in noi meraviglie. Non solo di un rinnovato acume mentale ricco di empatia umana, ma di spinta vitale, evolutiva. Le emozioni infatti, ci indicano sempre a che punto siamo sul piano dell’integrazione con noi stessi e col mondo. Sono come dei postini: ci lasciano un messaggio. Imparare ad ascoltare, e gestire, quel messaggio vuol dire imparare a costruire e curare quell’”integrazione” - madre di ogni benessere - e soprattutto avere uno guida per i nostri passi lungo il più prezioso dei sentieri: quello della nostra crescita e della nostra realizzazione; la realizzazione del meglio di ciò che possiamo essere, nella nostra natura. Ciò che Aristotele identificava come la somma delle virtù: l'Areté.


Ringraziamo Gianfranco Damico per il contributo.

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