Costruire una leadership globale: intervista con Antonio Copercini del Gruppo Barilla

Leadership globale: intervista con Antonio Copercini, Chief Supply Chain Officer del Gruppo Barilla

L'espansione dei mercati, l'interdipendenza delle economie e la trasformazione rapida dei canali di distribuzione pongono questioni complesse, in particolare per aziende storiche come Barilla, che in un simile contesto raccoglie la sfida per una leadership su scala globale, preservando i valori del “saper fare italiano”. Questo gigante della produzione alimentare italiana ha infatti saputo, nel corso degli anni, portare il “saper fare italiano” in ogni angolo del mondo, coniugando la tradizione e la qualità dei suoi prodotti con una visione innovativa e globalizzata. Di questa storia, delle sfide presenti e delle prospettive future, abbiamo parlato con Antonio Copercini, Chief Supply Chain Officer del Gruppo Barilla.

26/10/2023 , tempo di lettura 3

Il settore agroalimentare, così come altri settori industriali, si trova oggi ad affrontare sfide enormi: dalla digitalizzazione alla gestione delle risorse umane in contesti diversificati, dalla valorizzazione dei brand nel mercato internazionale alla necessità di adattarsi rapidamente alle mutevoli esigenze dei consumatori. Un settore in costante crescita che, allo stesso tempo, ha pesantemente sofferto le restrizioni della mobilità imposte in risposta alla pandemia di COVID-19, durante la quale fino al 20% delle aziende globali ha subito interruzioni nella propria catena di distribuzione. La risposta a queste sfide non può che venire da un’innovativa visione manageriale, e proprio grazie a questa Barilla ha saputo reagire efficacemente a queste difficoltà.

Per capire le ragioni di questa resilienza, dobbiamo interrogarci su cosa implichi veramente guidare una supply chain su scala mondiale e quali innovazioni richieda, innanzitutto sul piano della cultura manageriale e su quello strategico. Lo abbiamo fatto con Antonio Copercini che, da più di trent’anni all’interno del Gruppo Barilla e da dieci alla direzione della sua supply chain globale, si fa portatore di una visione manageriale capace di rinnovarsi e innovare, al passo con il presente. 


Lei è alla guida di un team globale e ha la responsabilità di una supply chain su scala mondiale. Quali sono le principali sfide che ha dovuto affrontare nel nostro presente globalizzato, anche rispetto a una competizione talvolta sregolata non solo sul piano commerciale, ma anche rispetto alla gestione delle risorse umane e alla valorizzazione e al riconoscimento di una storia di qualità di cui un brand come Barilla si fa portatore?

In Barilla ho la responsabilità della supply chain, ossia di tutti i processi operativi end to end: gli acquisti, l’ingegneria, la produzione, la logistica, la pianificazione e il customer service nonché l’area di salute, sicurezza, ambiente ed energia. Parliamo di 2 mila tonnellate di pasta ogni anno e un network che attraversa 10 paesi, per quanto riguarda le operation di approvvigionamento e produzione, e 100 paesi per quanto riguarda la distribuzione. Un network vasto e complesso, che richiede una visione d’insieme, una pianificazione integrata: una integrated supply chain. Il settore della supply chain è del resto attraversato da profonde trasformazioni: basti pensare alle rapide evoluzioni tecnologiche che interessano la logistica, con una significativa accelerazione dell’automation, ma anche a quanto gli assetti dei mercati globali incidano nelle operazioni di approvvigionamento. 

Guidare un team globale come quello di Barilla richiede innanzitutto di agire in profondità sulla filosofia aziendale. Barilla insegna ai suoi manager che l'obiettivo comune dell’azienda è prioritario rispetto a quello individuale. Non si tratta di competere a livello individuale e di spingere al massimo le prestazioni del singolo, ma di lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni. Si tratta, insomma, di raggiungere una sincronia strutturale. Per attivare questa dinamica virtuosa, è essenziale che ogni membro del team non solo conosca l’impatto del proprio lavoro, ma anche la correlazione tra le diverse mansioni, l’impatto di ciascun nodo della rete. È essenziale che il management lavori quindi sulla sincronia e sulla prossimità, mettendo in contatto figure e operazioni apparentemente distanti, con una visione integrata e d’insieme, per garantire che l'intera "macchina" aziendale operi in modo fluido. Tutto sta, insomma, nell’agire sui processi e fare in modo che questi diventino auto-apprendenti. Ed è questa una delle cose più importanti che ho imparato e che promuovo quotidianamente: se messe nella condizione di confrontarsi, di entrare in contatto, le persone sanno innescare nei processi meccanismi virtuosi di auto-apprendimento, ottimizzando i passaggi, rendendoli capaci di rinnovarsi e adattarsi a uno scenario che muta rapidamente. 


La leadership, soprattutto se esercitata su questa scala, richiede equilibrio tra realismo e vision. Il realismo necessario ad affrontare sfide importanti nella gestione quotidiana di un sistema di processi operativi end-to-end così complesso. E poi la vision, sia nel continuare a stimolare una sana e necessaria evoluzione all’interno della popolazione aziendale, sia nell’alimentare un brand storytelling capace di proiettare Barilla nel futuro. Qual è dunque il punto di equilibrio per continuare a mantenere Barilla in una posizione di leadership globale?

Non c’è leadership efficace senza equilibrio tra vision ed execution. Questo equilibrio è fondamentale in Barilla, che promuove una tradizione fondata su valori solidi e una cultura dell’eccellenza in uno scenario globale caratterizzato da una competizione serrata. Bisogna ispirare ciascuna persona di Barilla, stimolando creatività e visione, ma è fondamentale anche misurare i risultati: senza una vision chiara e un'esecuzione efficiente, non si può progredire. L'equilibrio tra questi due aspetti si raggiunge attraverso l'esperienza e l'adattamento continuo, anche perché non solo la vision deve rispondere dei risultati, ma anche i risultati devono allinearsi alla visione globale dell’azienda. Faccio un esempio: gli obiettivi di ciascuna divisione, di ciascuno stabilimento, seppure eccellenti devono essere in linea con quelli dell’intero gruppo: i grandi risultati, isolati, non bastano. Tutto deve essere agito alla luce dell'interdipendenza e gli obiettivi specifici devono essere fissati a partire dalla visione globale dell’azienda. 


Parliamo di evoluzione della supply chain. Quanto e a quale velocità si sta trasformando questo settore? Come tiene il passo con queste tendenze e innovazioni e come assicura che il suo team sia sempre aggiornato e pronto ad adattarsi ai cambiamenti? Quali competenze ritiene saranno fondamentali in questo settore, domani ancor più che oggi?

Come dicevo, sono in atto grandi trasformazioni tecnologiche; ma la vera sfida per un’impresa globale è culturale. La supply chain è il cuore pulsante del futuro di Barilla, perché è proprio dove si può valorizzare l’italianità dell’azienda nell’arena globale. In questi processi possiamo continuare ad affermare che il cibo non è solo nutrimento, è cultura. Questo anche perché un network internazionale come quello di Barilla ci pone in contatto con culture diverse, stili e visioni manageriali differenti, tutte occasioni d’incontro di cui beneficiare, ampliando i nostri orizzonti, arricchendo le nostre strategie, ma mantenendo sempre al centro la nostra anima.

Le competenze che un team internazionale deve sviluppare vanno proprio in questa direzione: imparare a vedere questa diversità come una risorsa, educandosi all'inclusione e all'interdipendenza, che emergono davvero come una competenza chiave. L'apertura e la fiducia sono quindi fondamentali per il buon funzionamento dei processi, perché le maggiori differenze tra manager e professionisti sono culturali e attitudinali, più che tecniche. Se dal punto di vista tecnico e operativo c’è ormai grande uniformità a livello internazionale, i diversi approcci culturali rappresentano ancora una sfida. Basti pensare che il 90% degli interventi disciplinari riguarda proprio la sfera comportamentale, e solo il 10% quella tecnica. Ma stiamo intraprendendo un percorso di crescita verso la valorizzazione della diversity che sta cambiando tutti in meglio, e sta migliorando strutturalmente i processi operativi perché consente di impostare un metodo che elimina le frizioni, agevola i processi e consente di esprimere tutto il potenziale delle risorse.

Un ultimo punto, in merito alle competenze necessarie per il futuro, riguarda la capacità di osservare gli altri settori e lasciarsi ispirare da essi. Spesso, infatti, altri settori hanno saputo elaborare risposte efficaci a sfide comuni. Entrare in contatto con queste esperienze è fondamentale, per questo le nostre persone sono indotte a essere presenti in contesti differenti, a lasciarsi contaminare da processi apparentemente distanti. E anche per questo i ruoli formali in Barilla sono importanti ma non esclusivi o determinanti: servono per darsi una struttura ma non c’è limite al tuo potenziale organizzativo, e ciascuno può esercitare una leadership anche al di là dell’organizzazione formale del lavoro. Dipende dalla capacità di organizzare il lavoro, di learning, di essere fonte di ispirazione. 


Potremmo dire, forse, che la differenza tra un manager e un leader sta nella legacy che è capace di lasciare dietro di sé. Cosa vorrebbe che questa sua esperienza professionale lasci al brand? Come si lavora affinché le proprie azioni siano davvero trasformative?

Più che di me, parlerei del brand. Barilla è un modello di supply chain perché è stata la prima in Italia e tra le prime al mondo a sviluppare un modello di integrated supply chain. Questo modello sopravviverà alle persone che lo hanno ideato e che continuano ad adottarlo e perfezionarlo: questa è sicuramente la prima e più importante legacy. C’è poi il metodo, un metodo di organizzare il lavoro e fare squadra che mette al centro l’interazione tra le persone, la curiosità di accogliere le sfide con creatività. Per me è fondamentale ricordare che non bisogna sapere tutto, ma saper interpretare la direzione che prendono le cose e dunque prepararsi in quella direzione, essere pronti a sviluppare le giuste capability. Anche questo mindset è qualcosa che, credo, resterà. Una supply chain di successo, insomma, non è una struttura rigida, ma un processo progettato per adattarsi armoniosamente alle circostanze che cambiano. 


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