Pensare troppo: tutti i rischi dell'overthinking

Quando il pensare troppo rischia di essere dannoso

Pensare troppo aiuta? O rischia di peggiorare le cose? Una questione aperta ed ampiamente discussa. Leggi l'articolo per sapernde di più.

Olga Chiaia
Olga Chiaia
29/04/2021 , tempo di lettura 4 MINUTI

Penso troppo e vivo male: succede spesso alle donne, alle persone intelligenti e profonde, e in alcune fasi della vita. Pensare è un’ottima e nobile cosa, certo: ma come per ogni attività del mondo naturale c’è un troppo (e un troppo poco). Solo la quantità ottimale è funzionale alla crescita e al benessere. E anche la modalità. Dobbiamo poter scegliere quando e quanto riflettere, non essere costretti a farlo incessantemente, anche di notte o durante la lezione di pilates. Dobbiamo poter lasciare spazio e respiro all’essere, al corpo, al sentire. "Parfois je pense, parfois je suis", scriveva Paul Valery.

I danni dell’overthinking

L’overthinking blocca anche la capacità di scelta, l’intuito saggio che sa rispondere con l’azione alle domande impossibili. Ad esempio, quando una decisione sembra irraggiungibile: i pro e i contro si equivalgono. Sappiamo che una delle due possibilità si rivelerà sbagliata, ma solo in futuro. In realtà tanto varrebbe scegliere a caso, con un lancio di dadi, ma la mente di una persona intelligente rifiuta di abbandonarsi al caso, si tormenta e si colpevolizza, rischiando di prendere, infine, l’unica vera decisione fallimentare, cioè il blocco, la palude del rimuginio ossessivo e ripetitivo. Continuare a pensare cosa sia giusto o logico fare, allontana dal sentire cosa si prova e si desidera.

La giusta dose 

Naturalmente, c’è anche chi pensa troppo poco: sono gli impulsivi, quelli che si buttano, che vivono senza riflettere e senza calcolare, lasciandosi condurre dal puro istinto, o nei casi migliori dall’intuito. Spesso a loro va la vittoria per una sorta di “fortuna del principiante” ma, alla lunga, come sempre, la via dell’equilibrio contempla una dose di pensiero (quanto basta), una di emozione e una di fortuna, ben integrate fra loro.

Usare al meglio le risorse

Avere questo strumento così potente, la nostra mente, capace di prevedere, di calcolare, di trarre leggi e imparare, di misurare e ordinare, e non usarla per vivere meglio, per trovare il tesoro nascosto, o almeno per evitare i danni più rilevanti, sembra uno spreco e un assurdo. La funzione logica predomina sulle altre, in alcune persone, e sembra che con essa si possa risolvere ogni problema. E in effetti è spesso così. Ma che dire di tutte quelle situazioni in cui i dati sono insufficienti, o talmente variabili da non poter essere controllati?

Meno pensiero, più azione

Dunque la persona intelligente cerca di ragionare, scrive elenchi, parla, si informa, prende tempo. Non dorme, si stressa, si frammenta nel tentativo di decidere in modo sicuro e giusto. Ma giusto per chi? L’unica certezza è che un errore non se lo perdonerà facilmente, perché la sua voce critica è sempre molto dura e all’erta nel far notare ciò che avrebbe dovuto fare invece di quello che ha fatto. Il proliferare del rimuginio del sovraefficiente mentale a volte è visibile quasi a livello fisico. Lo sguardo è vitreo, il viso pallido e contratto, e una pet evidenzierebbe una zona arrossata di sovraccarico nella zona della corteccia prefrontale. A nulla vale dire “Non ci pensare più” o “Dormici sopra”. Né che il libero arbitrio non esiste. La mente non obbedisce ai suggerimenti sani delle nonne, né ai ragionamenti dei sofisti o degli psicologi. A pensar troppo si diventa ciechi, si dice, cioè si arriva a non vedere più la realtà, la vita. Esci dalla tua testa ed entra nella tua vita. Cogito ergo soffro. Liberati dal sovrappeso mentale e passa all’azione. 

Essere consapevoli non basta

La consapevolezza, glorificata da Freud e dalle prime psicoanalisi, pur essendo preziosa, non è, purtroppo, in sé trasformativa. Anni di analisi e una lucida narrazione dei propri errori possono non coincidere con i cambiamenti desiderati, e viceversa si può cambiare anche senza aver “capito”. Quindi cercare di risolvere problemi emotivi pensandoci su è un’illusione. 
Occorre pensare meno e meglio, ampliando il nostro essere alla percezione del corpo, delle emozioni, e della spiritualità. Significa saper fare silenzio e ascoltare quello che la mente iperattiva copre con la sua voce incessantemente analitica. Avere il coraggio di lasciar andare i pensieri, di non seguirli: sono uccelli in volo, o nuvole sempre cangianti, ma noi siamo il cielo. Scegliamo di abbandonare gli schemi e i binari abituali che la mente ci impone di ripetere, di tenere in bocca come una caramella tossica, e avventuriamoci a esplorare, oltre al silenzio, la libertà sconfinata delle possibilità, una mente più ampia del cielo, senza parole. 


Ringraziamo Olga Chiaia per il contributo.

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