Comicità e umorismo: differenze e analogie tra i generi

Qual è la differenza tra Comicità e Umorismo?

C’è chi ama ridere a crepapelle, chi preferisce una sottile ironia. Leggi l'articolo per scoprire tipicità e differenze di questi due generi.

21/01/2022 , tempo di lettura 2

Esistono milioni di modi di ridere: si può sorridere per alleviare il dolore e alleggerire la tensione, oppure per una barzelletta, uno scherzo, una situazione strana. In ogni caso ridere fa bene: migliora l’umore e la salute, perché cancella lo stress e favorisce le interazioni sociali. 

L’uomo non è l’unico essere vivente sulla Terra in grado di sorridere: molti animali, come le scimmie, i delfini e i topi, lo fanno per manifestare contentezza e soddisfazione. Ma gli umani vanno oltre, riescono a cogliere gli aspetti più assurdi e paradossali della realtà e a sorriderne in maniera intelligente. Parliamo quindi di comicità e senso dell’umorismo, due prerogative esclusive dell’essere umano.

Sebbene molte persone usino questi termini come fossero sinonimi, le parole “comicità” e “umorismo” hanno un significato profondamente diverso, infatti portano a differenti forme di riso: il primo più leggero, l’altro decisamente più “amaro”. 


Comicità e umorismo: analogie e differenze

È stato il premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello, tra il 1904 e il 1908, a definire cosa fossero esattamente la comicità e l’umorismo, stabilendo i punti in comune e i confini. Nel saggio “L’umorismo” è riportato il famoso esempio della “signora imbellettata”: c’è una donna anziana, truccata pesantemente, con i capelli tinti, vestita come una ragazzina. L’immagine di questa vecchietta non rappresenta quello che la società si aspetta e quindi suscita negli altri il riso. Questa è la comicità, quella che Pirandello definisce “l’avvertimento del contrario”. È per questo che una barzelletta, uno scherzo o una battuta possono far sorridere: è qualcosa che non ci si aspetta, e che quando arriva, stupisce. 

Ma il drammaturgo siciliano si è posto delle domande, andando oltre le apparenze: quel look piace alla signora? Perché si è vestita così? Allora in lui è partita la riflessione: magari la donna non si apprezza e teme di non piacere più nemmeno al marito, di qualche anno più giovane di lei. Così si concia in quel modo ridicolo per cercare di compiacerlo, forse senza successo. Vista così la situazione è decisamente meno comica, ma più umoristica, cioè derivata dal “sentimento del contrario”, dalla comprensione profonda di quanto visto o ascoltato. 

Quindi pur essendo originati dalla stessa situazione, la comicità e l’umorismo vanno in direzioni diverse: il comico pensa al riso e al divertimento come alla sua meta, l’umorista riflette su quanto visto e più che ridere a crepapelle, sorride della signora. In nessun caso, però, l’intento è quello di ferire il soggetto della comicità o dell’umorismo: l’obiettivo è quello di ridere con gli altri e mai alle loro spese. In quel caso si parla di sarcasmo, in cui la battuta cattivella ha l’esplicito intento di sminuire l’altro. È quindi ben altra storia. È innegabile, però, che il riso umoristico sia decisamente più “amaro”, perché nasconde un velo di tristezza. 


Si può sviluppare il senso dell’umorismo?

Avere un po’ di senso dell’umorismo è una qualità molto importante, perché aiuta l’uomo a cogliere gli aspetti della realtà più reconditi e a esporli agli altri con leggerezza. C’è chi ha la fortuna di nascere con la battuta pronta e la prontezza di spirito, ma il senso dell’umorismo non è necessariamente una dote innata: si può imparare, allenare e migliorare, grazie alle letture e agli esercizi giusti. Il corso di scrittura umoristica tenuto da Filippo Losito, presente nel catalogo FEdu, è un buon modo per imparare l’arte del far ridere e sviluppare una mente creativa e smart. Tra teorie sull’umorismo, pillole di bio-socialità, filosofia, letteratura e tecniche di storytelling, in quattro lezioni e due esercitazioni pratiche, il corso mostrerà ai suoi alunni un nuovo modo di approcciarsi alla vita con il sorriso.

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