Well-being aziendale e trasformazione della cultura del lavoro. Intervista a Giulio Natali di Fater Group

Well-being aziendale e trasformazione della cultura del lavoro. Intervista a Giulio Natali di Fater Group

La consapevolezza delle imprese italiane riguardo al benessere aziendale è in crescita, ma c'è ancora molta strada da percorrere. Quali azioni possono intraprendere le organizzazioni per migliorare il benessere delle persone? Ne abbiamo parlato con Giulio Natali, HR Director di Fater Group.

27/12/2023 , tempo di lettura 6

Numerosi studi dimostrano che il benessere delle aziende è direttamente correlato al benessere delle persone al loro interno. Per esempio, l'Università di Oxford ha evidenziato che lə lavoratorə felici sono il 13% più produttivə di quellə meno soddisfattə. Secondo l'Harvard Business Review, inoltre, un elevato livello di soddisfazione contribuisce a un aumento del 31% della produttività aziendale, del 37% delle vendite e triplica la creatività.

Il benessere aziendale è essenziale non solo come fattore di resilienza, ma anche come strumento strategico di crescita, con benefici per le persone, le aziende e l'intero contesto nel quale operano. I principali problemi di benessere dei dipendenti derivano da uno sbilanciamento tra lavoro e vita privata (65%), ambiente e cultura aziendale (44%) e episodi di burnout (33%), secondo un sondaggio Ipsos. Ma secondo gli studi, anche la progettazione degli spazi fisici è un elemento chiave per il benessere fisico dei dipendenti. 

Nel raggiungimento di un maggiore standard di benessere, bisogna saper fare di necessità virtù. I dati mostrano che le aziende che hanno prioritizzato il benessere delle persone durante l'emergenza Covid-19 hanno mantenuto alti i livelli di produttività e mostrato una maggiore resilienza nella fase post-pandemia. Proprio rispetto alle trasformazioni indotte dalla pandemia, particolarmente virtuoso è il caso di Fater, joint venture paritetica tra Angelini Industries e Procter & Gamble, azienda italiana leader nel settore dei prodotti per la cura della persona, che ha deciso di investire nel benessere e nella valorizzazione dell’autonomia organizzativa delle proprie persone, rendendo il lavoro ibrido un elemento fondante dei suoi processi ad ogni livello. Una trasformazione strutturale della cultura del lavoro, portata avanti anche grazie al lavoro sulla cultura aziendale: in questa dinamica si inseriscono i talk tematici che Feltrinelli Education ha progettato per la popolazione aziendale di Fater, con l’obiettivo di costruire attraverso la cultura percorsi originali verso il raggiungimento di un maggiore e più consapevole livello di benessere e attivare processi virtuosi di crescita delle persone e con esse dell’organizzazione. Come quello tenuto dalla dottoressa Antonella Viola, proprio sul tema del well being tra scienza, lavoro e cultura. 

Il nostro viaggio con Fater Group ha preso le mosse da una riflessione incentrata sull'importanza di prendersi cura di sé, abbracciando le dimensioni fisica, psicologica e relazionale. Per il Management di Fater era importante rafforzare il messaggio che qualsiasi iniziativa strutturale e qualsiasi evoluzione della cultura e delle pratiche del lavoro siano davvero efficaci solo se radicate nella presa in carico consapevole del proprio benessere da parte di ciascunə. Nella costruzione del progetto con Feltrinelli Education, la scelta di avvalersi di una voce autorevole in grado di arrivare diritta al cuore delle persone è dunque ricaduta sulla professoressa Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova che ha pubblicato con Feltrinelli il saggio La via dell’equilibrio. Grazie alla sua competenza scientifica e al suo approccio coinvolgente, l'intervento è stato un momento di riflessione e ispirazione per tutti.

Un'esperienza estremamente significativa, con un Gruppo che sta ridefinendo il paradigma di lavoro, ruoli e dinamiche nel mondo aziendale, mettendo letteralmente le persone al centro della strategia di crescita d’impresa, a partire dalla promozione di un radicale cambiamento culturale.

Un progetto, quello con noi di Feltrinelli Education, che si inserisce all’interno di un vasto e strutturale percorso trasformativo che sta rendendo quella di Fater Group un’esperienza pionieristica. La sensazione è che si stia scrivendo un nuovo capitolo della storia del mondo del lavoro e dell'impresa, e per raccontarvelo ci siamo avvalsi delle parole del dottor Giulio Natali, HR Director di Fater Group. La sua testimonianza offre uno sguardo privilegiato su come Fater stia contribuendo a scrivere una storia di successo che va al di là del solo contesto aziendale, influenzando positivamente la cultura del lavoro in Italia.

Fater è un’azienda che conta circa 1500 dipendenti e l’indagine annuale sul clima in azienda ha un riscontro positivo per oltre il 90%. Al centro di questo successo ci sono le persone, con la strategia People First. Ci parla di questo traguardo?

Questo dato così lusinghiero si riferisce a un particolare ambito, ovvero quello del lavoro ibrido che ormai è una caratteristica fondamentale dell’organizzazione del lavoro in Fater. Segnalo per onestà che se guardiamo ai risultati legati alla felicità complessiva delle nostre persone, lo score è dell'80%. Un risultato comunque estremamente positivo.

Sono entrato in Fater a dicembre del 2019, e all'epoca la situazione in azienda era un po' più complicata. Nonostante fosse un'azienda storicamente attenta alle persone e alle loro esigenze, esistevano delle lacune su alcuni aspetti cruciali come la gestione dei cambiamenti di ruoli, le opportunità di carriera e di esprimere il proprio talento.  Dal 2019 l’azienda ha deciso di mettere in atto diverse. discontinuità. Tra i fattori più significativi, il Covid è stato un punto di svolta per molte aziende, inclusa Fater. Ci ha costretti a sperimentare, permettendoci di capire che lavorare in modalità ibrida sarebbe stato possibile anche dopo la fine della pandemia.

Il secondo elemento importante è stato il cambiamento di sede nel luglio 2020, con un nuovo layout strutturale rispetto al precedente che ha rivoluzionato il modo di vivere gli spazi.

Il terzo grande cambiamento è stato l'arrivo del nuovo direttore generale nel 2020, il dott. Antonio Fazzari, che ha abbracciato appieno le idee e le iniziative per questo cambiamento culturale. 


Fater definisce la strategia “People First”. Cosa significa pianificare mettendo prima le persone?

L'azienda ha affrontato diverse sfide, come appunto il Covid e il cambiamento di sede. Le abbiamo affrontate grazie a una strategia focalizzata sulle persone, chiamata People First. Questa strategia non riguarda solo ciò che facciamo per le nostre persone internamente, ma rappresenta il nostro modo di essere, una visione per cui per raggiungere gli obiettivi è necessario contribuire alla felicità delle persone nelle comunità in cui operiamo, compresi clienti e consumatori. Questo approccio è così centrale che iniziamo tutti i nostri meeting aziendali parlando proprio delle persone, di come stanno, di ciò che desiderano.

La strategia ha cinque pilastri fondamentali, il primo dei quali è "Listen", che si basa sull'ascolto attivo delle persone attraverso sondaggi e, soprattutto, il contatto diretto e i momenti di ascolto tra colleghi. Gli altri pilastri sono "Grow", "Inspire", "Include " e "Wellbeing", con un'enfasi sull'importanza del benessere. 


Ci fa un esempio di messa a terra, per così dire, di questo approccio?

Un esempio concreto di questo approccio è il "Caffè con il Direttore", un incontro virtuale settimanale in cui il direttore generale ascolta le persone e raccoglie suggerimenti. Abbiamo introdotto misure di benessere, come la liberalizzazione delle ferie per i dirigenti e i quadri, con decisioni prese in modo partecipativo attraverso accordi sindacali. Riteniamo che una cultura aziendale inclusiva influenzi anche la percezione del sindacato, e quindi investiamo nella formazione di rappresentanti sindacali per promuovere una collaborazione costruttiva.

In conclusione, abbiamo affrontato sfide significative con una visione centrata sulle persone, dimostrando che è possibile ottenere successo senza compromessi nel cambiamento culturale.

Mi preme dire che questa dimensione di ascolto è inscritta nel DNA dell’azienda, ed è una pratica virtuosa che abbiamo ereditato dalla sua storia. Su questa abbiamo fondato il secondo pilastro, che è lo sviluppo: una dimensione che affrontiamo a 360°, includendo lo sviluppo professionale e personale.

Idealmente, vorremmo che ogni persona in Fater acquisisca qualcosa di nuovo ogni anno, che sia una competenza, un'abilità, una skill, un nuovo ruolo, un nuovo interesse, un nuovo hobby, o un saper fare. Vogliamo che ognuno veda il proprio percorso di vita in Fater come un percorso di miglioramento generale. Ad esempio, offriamo giorni per fare volontariato, coinvolgendo persone pensionate di Fater e giovani del "Gruppo Esperienza" per iniziative nelle scuole o opere di beneficenza.

Abbiamo organizzato internamente concorsi di pittura e letteratura, coinvolgendo i dipendenti in attività artistiche e culturali. Questo rappresenta un intervento a 360° per lo sviluppo personale e professionale, che va oltre i tradizionali processi di valutazione delle performance e le revisioni dei talenti.

Il 70% delle azioni di sviluppo professionale si basa su esperienze dirette sul campo, come progetti e cambiamenti di ruolo. Inoltre, abbiamo introdotto il concetto di 70-20-10, dove il 70% della crescita personale proviene da attività on-the-job, il 20% da coaching e mentoring, e il restante 10% da attività formative più tradizionali come corsi e workshop.

Abbiamo investito in modo significativo nella formazione dei nostri dipendenti, creando una serie di percorsi durante il loro ciclo di vita in azienda, dal momento dell'onboarding fino al raggiungimento di ruoli di leadership. Tutto ciò è guidato dai principi di fiducia e responsabilizzazione, che sono fondamentali nel nostro approccio al lavoro ibrido, che non è solo remoto, perché pone al centro i bisogni delle persone e l'importanza della connessione fisica.

Ma una vera attenzione al well-being è anche di tipo finanziario. Supporto nella gestione delle risorse, compensazione, previdenza complementare, piani pensionistici e investimenti. Noi vogliamo essere vicini alle nostre persone anche in questi aspetti della vita professionale e personale. Diventiamo così un'azienda che fornisce servizi ed è un po' questo anche il tema che permea il mondo dei nostri benefit. Quello di trasformare alcuni processi passati, considerati transazionali, come il payroll o la gestione delle auto, in un valore aggiunto. Servizi che da transazionali diventano un valore aggiunto per la persona. 


Che ruolo assume, in questa grande visione, il nuovo campus?

Il nostro campus è stato progettato come un luogo di connessione e benessere, con spazi aperti, attività di networking, iniziative di benessere fisico e psicologico, e speaker ospiti. Oltre all'aspetto fisico, forniamo supporto psicologico ai dipendenti che ne fanno richiesta, con consulenze gratuite e iniziative di benessere come contributi per palestre e nutrizionisti.

Tutto ciò è stato implementato attraverso accordi sindacali, sottolineando il nostro impegno per un cambiamento culturale basato su principi di fiducia e responsabilità. Lavoriamo per garantire un ambiente di lavoro che sia psicologicamente e fisicamente sano, con il benessere dei dipendenti al centro della nostra strategia aziendale. 


I progetti con Feltrinelli Education, come l’incontro con la dottoressa Antonella Viola, evidenziano una particolare attenzione per la crescita consapevole delle vostre persone. Le persone, insomma, vanno innanzitutto ispirate a crescere e migliorare, a diventare più consapevoli di ciò che possono fare, insieme, per raggiungere un maggiore benessere. Quanto è importante, appunto, l’ispirazione?

“Inspire” è proprio uno dei pilastri della nostra People Strategy e talk e incontri con gli speaker sono centrali. La dottoressa Viola innanzitutto, ma abbiamo ospitato anche speaker del mondo della musica, dello sport, della scienza, manager, consulenti. Ispirazione è infine contaminazione e per questo sono indispensabili anche gli incontri con le altre aziende, per raccontarci reciprocamente cosa facciamo e come lo facciamo. 

 

Prima le persone vuol dire anche valorizzare i loro bisogni specifici, le loro esigenze particolari, e creare un ecosistema in cui le differenze siano accolte e percepite come un valore. Come vi state muovendo nel campo della Diversity, Equity and Inclusion?

Qui siamo partiti veramente da lontano, devo dire la verità, è stata una delle sfide maggiori perché l'azienda era molto maschile nella leadership, con un DNA culturale molto locale. Stiamo promuovendo l'abbattimento di silos di genere, di orientamento sessuale e di gerarchie generazionali. Ci stiamo lavorando e abbiamo nella nostra agenda della sostenibilità le tematiche del gender pay gap e del gender balance a tutti i livelli come una delle azioni necessarie. E anche qui stiamo lavorando insieme alle nostre persone. Non facciamo delle cose necessariamente top-down, ma ascoltiamo quali possono essere delle iniziative che possono avere gli ambassador, che possono avere una presa dentro l'organizzazione. 


Mettere gli utenti al centro con le loro unicità per trasformare la cultura del lavoro significa anche creare un ecosistema che sa non solo accogliere ma anche in un certo senso valorizzare i percorsi individuali, fatti di errori e di prospettive di migliorabilità. Immagino che anche Fater, nel proprio percorso, ne commetta e sappia farne tesoro. Come vi muovete nell’orizzonte della perfettibilità?

Tra i nostri valori c’è proprio l’idea di favorire una più virtuosa cultura dell'errore, secondo la filosofia "Done is better etter than perfect".  che ancoriamo a uno dei pilastri della governance aziendale, che è "Do the Right Thing", fare la cosa giusta. Che non vuol dire fare le cose in modo perfetto, ma farle avendo visione di insieme, in modo organico e sistemico.


Fater nasce dall’incontro di due società storiche: Angelini Industries e Procter&Gamble. Cosa eredita da una e dell’altra, e in che modo questa joint venture sta contaminando le aziende madre? 

Sono due aziende molto diverse, con storie e dimensioni diverse. Angelini è un’azienda non quotata, ma con una fortissima tradizione di radicamento nel territorio e di attenzione per le persone. Un’enfasi sulle persone molto importante, con un attaccamento per alcuni valori come la lealtà e l’anzianità all’interno dell’azienda.

Procter ha invece portato la visione manageriale e l’approccio a certi processi, specialmente nel mondo del marketing. Ma anche un certo modo di parlare e di nominare questi processi, con acronimi e sigle che possono sembrare ostiche ma che servono per nominare le cose con precisione. Il "procteriano" è un linguaggio.

Il risultato è Fater, un organismo veloce che è responsabile di ogni fase dei suoi processi, dalla concezione del prodotto alla spedizione. 


Quella che delinea, mi pare, è un’azienda calata nella società, che ne è parte attiva e cerca di esercitare in essa un’azione virtuosa, contaminando e facendosi contaminare. 

Qua entra in gioco il tema della sostenibilità. Sostenibilità è anzitutto assunzione di responsabilità parlando di democrazia, cittadinanza e dunque anche di un'azienda che assume la responsabilità in quanto parte integrante della società. Come azienda ci assumiamo la responsabilità perché abbiamo un ruolo all'interno della società e dobbiamo adottare un codice di comportamento chiaro. Io credo che questo sia vero soprattutto oggi che i grandi ideali politici aggreganti sono venuti meno: questa funzione sociale e culturale, ora, devono assumersela anche le aziende, iscriverla nella propria identità. Questo approccio è importante soprattutto quando un’azienda ha un profilo multinazionale, con sedi in diversi paesi, perché in questi casi può esercitare una forza virtuosa di sintesi e valorizzazione della multiculturalità. Dalle mie precedenti esperienze in alcune grandi multinazionali ho imparato che questa multiculturalità non è semplicemente avere nelle aziende un gruppo di persone straniere, ma è il fatto che questo gruppo di persone, provenienti da culture e contesti diversi, sono diventate la forza motrice dell'azienda. Cioè, hanno fatto emergere le differenze, le contraddizioni, ma soprattutto le convergenze, le sinergie, che poi sono state la vera forza motrice dell'azienda. Questo è un processo virtuoso che stiamo cercando di portare in Italia, un paese che, soprattutto negli ultimi decenni, ha una cultura aziendale molto concentrata sulla dimensione nazionale. Intendo che per molte aziende italiane la logica è semplicemente quella di esportare i modelli, i processi e la cultura aziendale. Ma è un approccio limitante: devi adottare e adattarti al contesto locale, se vuoi sfruttare davvero le opportunità che quel contesto ti offre. 


Lei ha anche pubblicato opere di narrativa. La sua esperienza personale, professionale e letteraria sembra convergere in un approccio empatico e creativo verso le persone e le storie di vita quotidiana. Che rapporto c’è tra la scrittura e la sua responsabilità in Fater?

L'ascolto attento e l'osservazione della realtà sono le principali fonti di ispirazione che alimentano la mia creatività. La scrittura, come esercizio, mi ha aiutato a sviluppare alcuni strumenti preziosi anche nelle risorse umane: la compassione e la comprensione, il desiderio di vedere e comprendere l’altro nella sua particolarità, senza generalizzazioni o idee preconcette. Ciascuno è un valore che può fare sistema, alimentare sviluppo e progresso.


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