Emozioni al lavoro: la people strategy di Prysmian Group. Intervista a Fabrizio Rutschmann

Emozioni al lavoro: la people strategy di Prysmian Group. Intervista a Fabrizio Rutschmann

Human Connection - Le settimane della cultura è il progetto che Feltrinelli Education ha ideato in collaborazione con il team HR di Prysmian Group: 6 settimane durante il corso dell’anno di crescita e confronto tra talk, storyshow e seminari con i grandi nomi della galassia Feltrinelli, ciascuna dedicata a un’emozione: siamo partitə dalla solitudine.

31/01/2023 , tempo di lettura 7 minuti

In un nostro recente approfondimento sul fenomeno del quiet quitting abbiamo proposto una lettura dei dati relativi al burnout diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La dimensione sanitaria - e globale - dello stress lavorativo è ormai solidamente percepita dall’opinione pubblica, e si lega strutturalmente all’esperienza della solitudine, come ha rilevato anche Jennifer Moss, nel suo best seller The Burnout Epidemic (Harvard Business Review Press, 2021). La proporzione pandemica del fenomeno ci aiuta a comprenderne la natura strutturale. E in questo, al solito, ci piace appoggiarci ai numeri: un sondaggio di EY su oltre 5.000 lavoratori in Brasile, Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti rivela che l'82% dei rispondenti ha dichiarato di aver percepito la solitudine sul posto di lavoro. Secondo il rapporto di EY, quasi la metà di coloro che hanno partecipato al sondaggio (49%) sperimentano la solitudine maggiormente ora che durante le restrizioni per la pandemia di COVID-19: dato particolarmente interessante, questo, perché indica la funzione detonatrice della pandemia rispetto a una condizione che è, in realtà, storica e sistemica. E infatti, già nel 2009, il filosofo britannico Mark Fisher si domandava nel suo Realismo Capitalista: is there no alternative? Analizzando la nostra incapacità di immaginare un’alternativa all’attuale sistema produttivo, anche Fisher pone l’accento sulla natura patologica della tristezza contemporanea, parlando di depressione nei termini di uno stato psicologico, sociale e culturale in cui le persone si sentono tristi, insoddisfatte e senza prospettive future a causa dell'attuale sistema economico e sociale.

Se l’analisi sulle cause culturali e socioeconomiche di questa pandemia di solitudine è corretta, dobbiamo allora interrogarci su cosa può fare un’azienda per farsi promotrice del benessere della propria comunità. In altri termini: come prendersi cura della vita emotiva di un team? Le emozioni, anche quelle negative, sono infatti propulsori di crescita individuale e sociale. E in particolar modo lo è la solitudine, esperienza connaturata all’umano e anzi condizione necessaria al suo pieno sviluppo. Una posizione espressa da molti filosofi, da Sartre a Lacan, che suona pessimistica ma che può essere in realtà fonte di empowerment, perché rimette nelle nostre mani la possibilità di costruire relazioni positive. Noi di Feltrinelli Education siamo volutə partire da questo assunto, nell’immaginare il primo degli appuntamenti ideati per Human Connection - Le settimane della cultura, il progetto curato con Prysmian, leader nella produzione di cavi elettrici e fibre ottiche per i settori dell'energia e delle telecomunicazioni, per il suo team italiano. Il progetto è pensato come un percorso formativo innovativo, nella forma e nella sostanza, attraverso le molteplici emozioni dell’esperienza umana. La prima settimana culturale è stata dedicata proprio alla solitudine.

Riteniamo infatti che è proprio dalla ragione delle emozioni, dalla loro complessità e centralità nella vita individuale e sociale, che si debba ripartire per costruire un modo più razionale, cioè più felice, di costituirci come società. Si tratta di una sfida che non possiamo permetterci di mancare, e che Prysmian ha saputo cogliere. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Rutschmann, Chief HR Officer di Prysmian Group

Il progetto Human Connection – Le settimane della cultura è innovativo soprattutto per la centralità della dimensione emotiva, che sembra spesso così distante da quella produttiva. Qual è o dovrebbe essere il ruolo delle emozioni nella vita produttiva di un’azienda come Prysmian? 

L’azienda è una community di persone diverse e con una loro storia, e la vita di ognuno è un intreccio continuo di due dimensioni, quella emotiva e quella più razionale. Penso che in alcuni momenti la dimensione emotiva abbia un peso più rilevante rispetto a quella razionale in quanto ogni giorno portiamo in azienda le nostre emozioni, umori, i nostri sentimenti e sensibilità. Sono le persone che fanno parte della nostra organizzazione a essere il vero fulcro su cui muovere tutto il resto e, proprio per questo motivo, sempre di più chi guida le aziende, anche realtà produttive come la nostra, deve necessariamente considerare la dimensione emotiva come una priorità, curarla e valorizzarla preparando le persone a gestire al meglio questi aspetti sia come singoli che come comunità.


Il tema della prima settimana della cultura è stato “la solitudine”: un’emozione centrale nell’esperienza della socialità contemporanea, soprattutto in ambito lavorativo. Il modello di lavoro di oggi crea solitudine? Quali soluzioni potrebbero adottare le organizzazioni perché i dipendenti si sentano meno soli nel lavoro? 

La vita di ciascuno è talvolta caratterizzata da momenti di solitudine. È uno stato intimo in cui esplorare la propria interiorità a volte utile, a volte doloroso. Solitamente la solitudine si lega a momenti e fasi della nostra vita privata e non necessariamente al lavoro. È anche vero che al giorno d’oggi il confine tra vita lavorativa e privata è sempre più sottile, anche a causa della pandemia. L’organizzazione può intervenire per aiutare le proprie persone ad attraversare momenti difficili prima di tutto ascoltandole e cercando di captare dei segnali. Diventa fondamentale una leadership empatica, capace di mettersi nei panni degli altri e motivata a comprenderne sentimenti e necessità. Parlare di questi argomenti in azienda contribuisce a creare cultura e consapevolezza nelle persone. In un’organizzazione come Prysmian, dove prevalgono competenze tecniche, ci sono sicuramente meno occasioni di confronto su queste tematiche, diventa quindi cruciale pensare a dei momenti dedicati.

Per quanto riguarda le modalità di lavoro, credo in un giusto ‘balance’ tra lavoro da remoto e presenza ufficio. È chiaramente molto soggettivo: ci sono persone più ‘social’ che amano le relazioni e altre che invece hanno più bisogno dei loro momenti di solitudine. Il ‘full remote’ non lo consiglio e non lo reputo un modello equilibrato poiché l’essere umano resta sempre un animale sociale che vive e ha bisogno di relazioni. Credo piuttosto nella flessibilità che consente a ognuno di noi di organizzare meglio il nostro tempo e credo nella comunità che ci permette di restare connessi, di confrontarci, di dare e ricevere feedback e quindi di crescere, come individui e come organizzazione. Noi viviamo di relazioni con gli altri, non dimentichiamocelo.


Questo progetto si inserisce perfettamente nell’orizzonte del cosiddetto “secondo welfare”, cioè di quelle iniziative intraprese dal settore privato per curare il benessere dei propri dipendenti, che ha rivelato tutta la sua importanza durante la pandemia. Quali sono i modelli di welfare aziendale che vi ispirano? Quali sono gli elementi fondamentali della cultura aziendale di Prysmian?

Come Prysmian una priorità è il benessere delle nostre persone, vogliamo essere vicini ai dipendenti e preservare la loro salute e sicurezza. Da anni offriamo un check up gratuito ai dipendenti, un monte spesa per esami e visite specialistiche, assistenza psicologica e altro, diversificando tra paesi e culture. Successivamente arriva il benessere culturale che rappresenta un vero e proprio investimento per l’impresa, in quanto ci aspettiamo che le persone raggiungano così sempre più motivazioni e strumenti per aiutare il gruppo a centrare gli obiettivi prefissati. L’idea è quella che l’ambiente di lavoro sia anche un luogo di arricchimento culturale e personale. Un’azienda attenta al benessere dei suoi dipendenti è un’organizzazione efficace, più sostenibile e produttiva e, contestualmente, che cresce e si sviluppa cercando di favorire e conservare un grado adeguato di benessere fisico, psicologico e sociale dei suoi lavoratori. La pandemia ha, senza dubbio, costituito un forte acceleratore di sensibilità su questa tematica e molte più persone sono oggi più consapevoli di come il benessere psicologico influisca sulla nostra esistenza e sulla qualità del lavoro che mettiamo in campo in azienda tutti i giorni. E tutto questo si lega fortemente al tema delle emozioni.  


E a proposito della pandemia e delle sue conseguenze sociali e culturali, si è parlato tanto di “Great Resignation”, il fenomeno di dimissioni spontanee di massa nato negli Stati Uniti come risposta alle mancate tutele per lə lavoratorə. Anche in Prysmian avete osservato questo trend? Come si costruisce un ambiente di lavoro in cui i dipendenti vogliano restare? 

In Prysmian abbiamo assistito al fenomeno definito come “Great Resignation” maggiormente nel primo semestre del 2022, meno nel secondo. Come tanti esperti hanno scritto, la post pandemia ha portato le persone a riconsiderare la loro vita e i loro valori e questo ha avuto un impatto sul numero di dimissioni. Credo però che la motivazione principale sia sempre legata all’andamento economico e demografico: in Prysmian vediamo bene la differenza tra il mercato americano,  dove ci sono fattori economici che creano carenza di persone, rispetto ad altri paesi dove questo fattore è molto meno evidente. In alcuni paesi europei la bassa natalità determina e determinerà mancanza strutturale di giovani qualificati. Tutto ciò non esclude che uno dei fattori di successo di un’azienda sia la sua capacità di attrarre, trattenere, motivare e far crescere le persone migliori, creando stabilità. Obiettivo è quindi creare un ambiente di lavoro sempre migliore, ancor più nei mercati ad alta concorrenza, dove le persone hanno diverse opzioni a loro disposizione. 


Ci sembra dunque che un’analisi lucida di questi fenomeni complessi debba partire dall’osservazione delle specificità, delle persone e dei loro bisogni; e che non possa che muovere in direzione di una vera e propria strategia per le persone. Quali sono gli aspetti cruciali per una people strategy al passo coi tempi?

La nostra People strategy, come già detto precedentemente, mira a creare un ambiente organizzativo dove le persone si sentano bene, dove possano scambiarsi opinioni, mettersi in gioco, essere valorizzate e premiate e dove possano crescere e realizzarsi. La chiave è una cultura che promuova equità, meritocrazia e inclusione. Le decisioni sulle persone sono senza dubbio quelle più importanti che i manager devono prendere, se vogliono fare la differenza. Fondamentale è anche riuscire a raggiungere tutti i nostri dipendenti in termini di People Strategy, anche coloro che lavorano in fabbrica e che rappresentano il 70% della nostra forza lavoro. 

Una People strategy al passo coi tempi? Quella che riesce anche a condividere il valore creato tra tutti. Vedo un fattore di successo del futuro la sfida di riuscire a condividere il valore creato con una moltitudine di persone attraverso programmi di azionariato diffuso. Noi ci stiamo provando attraverso ben tre programmi che hanno il comune obiettivo di rendere tanti nostri colleghi anche azionisti della società. È di fatto l’antitesi di una strategia di rewarding  focalizzata su pochi. Cosa non facile da realizzare, ma è certamente un ideale cui guardare.


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