Perché non possiamo fare a meno della “rete”

Perché non possiamo fare a meno della “rete”

Il concetto di rete esiste da molto prima della nascita di Internet ed è la base del concetto stesso di umanità.

Maurizio Ferraris
Maurizio Ferraris
22/12/2020 , tempo di lettura 4 MINUTI

La rete esiste da molto tempo prima del web, e consiste nel fatto che un sistema, anche molto semplice, richiede registrazione per poter funzionare. Supponete di dimenticare, nel leggere l’ultima parola che ho scritto, le parole che l’hanno immediatamente preceduta. Ciò che leggereste non potrebbe essere né vero né falso (“falso” di per sé, preso isolatamente, non è né vero né falso). Se inoltre si considera che ogni linguaggio è un sistema codificato, che

riceve senso dalla posizione che i suoi componenti hanno nel tutto, “falso”, senza rete, non avrebbe neppure senso, mentre in una rete non solo so cosa significa “falso” (ciò che si oppone al vero), ma che si può tradurre con falsefaux, falsch…, che “solfa” non significa “falso” pur avendo le stesse lettere, ma in un ordine diverso ecc. Trasferite questo principio all’economia, ai rapporti elementari di parentela, al diritto, alla morale, e lo ritroverete senza variazioni.

Anche questo è abbastanza ovvio, ma nasconde un principio che, di nuovo, è talmente ovvio da rendersi invisibile, ed è il fatto che senza registrazione la rete non terrebbe, che si tratti di una rete fisica (che chiede la coesione di atomi, molecole, e componenti superiori) o di una rete neurale naturale, artificiale, culturale, sociale.


Da Platone a noi

Ecco perché individui e collettività non possono fare a meno di memoria e di archivi, ed ecco perché la rete è così antica. Nel Politico Platone si dilunga in una complicata descrizione della tessitura della lana, per determinare la natura di quello che chiama συμπλοκή, “intreccio”, “rete”. E anche il lettore più paziente si chiede il perché di tanto diffondersi su questioni, è il caso di dirlo, di lana caprina. Ma poco alla volta l’enigma si chiarisce: la rete di cui parla Platone (e che nel Sofista era considerata come la possibilità di svolgere dei ragionamenti coesi, non slegati, sensati, e insieme di collegare l’essere e il non essere dando vita al divenire) è il cuore dell’arte regia, della tecnica politica che riesce a comporre le contraddizioni, a connettere le differenze. Quanto dire che la rete precede di gran lunga il web, o, inversamente, che il web è venuto a colmare un bisogno profondo dell’umanità.


Le altre reti

Oggi quando parliamo di “rete” ci viene subito in mente il web, mentre pochi decenni fa avremmo pensato ad altro, a reti da calcio o reti da pesca, o a esercizi acrobatici rischiosi perché eseguiti senza rete, o, con maggiore approssimazione a ciò che è il web, al sapere e alla società come a una rete che unisce le persone. Se ci pensiamo, tuttavia, quest’ultima concezione della rete ci suggerisce che c’è da sempre, o almeno che non c’è umanità senza rete, e che una umanità senza rete non è destinata ad andare lontano.


Codice, archivio, memoria

L’origine dell’umano, infatti, non va cercata in qualche infusione di dotazioni che ci avrebbero resi socievoli (non lo siamo troppo neppure ora), collaborativi, intelligenti. Ma nella nascita di reti che, permettendo la trasmissione e lo scambio, hanno permesso il salto evolutivo che ci distingue da animali non umani peraltro così simili a noi: il linguaggio, le istituzioni, la tecnologia, l’economia, la politica, la storia. Tutto questo non esiste senza rete, cioè senza codice, senza archivio e memoria, senza possibilità di trasmissione da un individuo all’altro e da una generazione all’altra. Ecco perché appena si è fatto avanti il web è apparso come la cosa più naturale del mondo. Ed ecco perché guardando nel presente, nella rete di oggi che funge da lente di ingrandimento rispetto alle reti che l’hanno preceduta, possiamo comprendere la natura umana con una stupefacente chiarezza ed evidenza.


Rivoluzione documediale

La trasformazione apportata dalla rivoluzione documediale, ossia dalla crescita automatica dei documenti e dalla loro viralità mediatica resa possibile dal web, consiste nel fatto che la formazione di una rete, che per un organismo comporta uno sforzo, per un meccanismo ne richiede molto di meno. Quello del copista o del contabile è un lavoro molto più oneroso e soggetto a errori di quello della riproduzione di un documento digitale o di un calcolatore elettronico. Questa riduzione di sforzo ha una evidente analogia con l’automazione dei processi introdotta dal vapore e dai suoi successori nella rivoluzione industriale, solo può esercitarsi in ambiti molto più complessi e sofisticati, caratterizzandosi come un passaggio dalla materia alla memoria.


Materia e memoria

Fermo restando che il passato è ripetuto dalla materia e ricordato dalla memoria, sicché non c’è mai una vera esteriorità della prima rispetto alla seconda, resta che oggi per ripetere (per iterare, registrare, archiviare) è necessaria molta meno materia, e dunque anche energia, di quanto non avvenisse ai tempi dell’analogico. E chi obiettasse che il web comporta un

elevato consumo di energia elettrica pensi a quanta energia elettrica, meccanica, organica, e a quante materie prime sono state necessarie per costruire e per gestire la Biblioteca del Congresso di Washington e i suoi 164 milioni di volumi.


Ringraziamo Maurizio Ferraris per il suo intervento.

Registrati alla newsletter

Segui Arianna, la newsletter di Feltrinelli Education per
non perdersi nel cambiamento: gratis, settimanale, per te!
Segui Arianna