Siamo al mondo per raccontarci storie. Intervista a Matteo Scandolin sulla fortuna dei podcast
I podcast sono il futuro delle storie? La voce che racconta rievoca la dimensione originaria della narrazione, che da sempre è fondamento delle nostre comunità. Forse per questo i podcast hanno tutto questo successo. Ne abbiamo parlato con un ospite d'eccezione: Matteo Scandolin, podcast producer e docente.
Il primo podcast della storia è stato registrato tra il 2003 e il 2012: si trattava di IT Conversations, di Doug Kaye. Matteo Scandolin, storico podcaster e docente di podcasting, al mondo del podcast è approdato quasi subito, proprio in quegli anni, intuendo ben presto il potenziale narrativo di questo format diventato rapidamente di grande successo. Lo abbiamo intervistato, per farci accompagnare nell’affascinante mondo dei podcast, tra storie, tecnica e il potere della voce.
Un successo, quello dei podcast, di cui parlano innanzitutto i numeri. Secondo i risultati dell'ultima indagine Ipsos Digital Audio Survey sulla fruizione dei podcast e dei contenuti audio digitali, nel 2022 il numero di ascoltatori di podcast in Italia è aumentato del 5%, raggiungendo la cifra di 11,1 milioni. In particolare, i podcast hanno attirato un pubblico giovane (43% sotto i 35 anni) con un alto livello di istruzione (30% laureati). I podcast funzionano, dunque, e non solo per la divulgazione o l’intrattenimento: secondo uno studio di BBC Global News, il podcasting è fino al 22% più efficace delle più tradizionali forme di marketing. Si tratta però di una fortuna che pone delle sfide, se consideriamo che solo in italiano esistono attualmente circa 26.000 podcast. Come creare un podcast originale e di successo in un contesto così competitivo? Qual è la formula magica dietro un podcast capace di catturare la nostra attenzione? Di questo e tanto altro abbiamo parlato con Matteo Scandolin.
Sei nel mondo dei podcast da tanti anni, da ben prima che diventassero un medium così popolare. Ma quando è scoccata la scintilla tra te e il podcasting?
A metà degli anni Zero amavo molto il programma di Sofri e Bordone su Rai Radio2, Condor, che però veniva trasmesso mentre io ero in ufficio. Così avevo preso l’abitudine a scaricare la puntata su un iPod, e poi la mattina dopo seguivo metà puntata andando in ufficio e metà puntata durante il viaggio di ritorno. Questa versatilità dice già molto della fortuna dei podcast, della loro specificità. Da lì non ho mai smesso di ascoltare storie, divertenti o interessanti, voci che mi raccontano qualcosa, in molti momenti della giornata: quando faccio la spesa, quando preparo la colazione. Oggi ascolto molti più podcast che musica.
Tu ti sei occupato e ti occupi anche di letteratura e narrativa, e hai fondato una rivista letteraria online, che è anche una delle più longeve d’Italia: inutile. Che dialogo c’è tra questi diversi mondi? Si tratta di spaziare tra esperienze differenti o è piuttosto un completare attraverso differenti linguaggi uno stesso grande racconto?
Io credo fortemente che noi siamo su questa Terra per raccontarci storie, nutrirci di storie è una delle caratteristiche principali dell’essere umano. E più passa il tempo più divento agnostico rispetto al tipo di storie: può essere un racconto, un romanzo, un film, un podcast narrativo o intorno a un argomento. Mi sono convinto dell’idea che non importi il medium, seppure ciascuno ha le sue caratteristiche e i suoi linguaggi, che vanno tenuti in considerazione: che sia un podcast o un racconto in rivista, ciò che ci nutre sono le storie.
I podcast non sono tutti uguali: una differenza lampante è per esempio il grado di postproduzione. Alcuni esibiscono grandi effetti speciali, altri assomigliano molto di più a delle chiacchierate spontanee. Tu dove ti collochi? Qual è il tuo stile?
Io sono un amante di tutto ciò che è il più naturale e spontaneo possibile, mi piacciono i podcast informali, intimi e divertenti. Una voce che mi racconta una storia. Però nella mia vita professionale, quando un’azienda mi commissiona un podcast, mi capita più spesso di doverne produrre di altro taglio, soprattutto documentaristico, per i quali sono richiesti effetti sonori, sottofondi, colonne sonore. Trasformare una passione in un mestiere è anche questo: trovare un compromesso, un equilibrio tra i diversi linguaggi e registri.
Dietro a ogni podcast c’è un grande lavoro. Che tipo di percorso formativo deve intraprendere unə podcaster? Quanta della formazione necessaria è tecnica e quanta è invece più legata all’ispirazione?
Se mi fossi formato come fonico probabilmente mi sarei risparmiato una grande fatica, cioè quella di apprendere per tentativi. Però questo mi ha aiutato a sviluppare un grande intuito, a capire se una cosa funziona o meno provando, facendola. Avere la mente aperta è fondamentale per capire cosa ci succede intorno e cosa stiamo facendo, come usare al meglio uno strumento, come impostare il racconto. Dunque la tecnica è sicuramente molto importante, ma non è affatto detto che utilizzare strumentazioni raffinate in modo eccellente determini la riuscita di un podcast. Il mio invito è sempre quello ad allenare l’intuito: registrare una puntata pilota, riascoltarla, capire se funziona o meno ed eventualmente ricominciare da capo con mente aperta, avendo anche il coraggio di ripensare completamente il progetto di partenza.
Di podcast ce ne sono sempre di più e di qualità sempre più alta, dunque è legittimo domandarsi se il mercato sia vicino al punto di saturazione?
Io non credo affatto che il mercato sia vicino al punto di saturazione: di storie abbiamo sempre avuto bisogno e sempre ne avremo. Piuttosto, il mercato è arrivato al punto di legittimazione. Se prima quasi nessuno sapeva cosa fosse un podcast e chi li ascoltava era visto in modo strano, ora questo formato è riconosciuto da chiunque, anche da chi non ne ascolta. Questo è molto importante, è un’opportunità di continuare a raccontare tante altre storie.
Ma alla fine dei conti, perché i podcast hanno così tanto successo?
Ora ascoltiamo i podcast attraverso molti device, ma inizialmente l’ascolto avveniva quasi esclusivamente in cuffia. L’ascolto in cuffia ti fa sentire la voce di chi racconta dentro di te, in una prossimità così intima da creare un legame tra chi ascolta e chi parla, talvolta arrivando a dare l’impressione di conoscere davvero la persona che racconta. Questo è certamente uno dei motivi dietro al successo dei podcast. E poi, certamente, ci sono le storie: viviamo per loro, e non ne avremo mai abbastanza.
E di storie ne racconteremo molte, insieme a Matteo Scandolin, autore di numerosi podcast per Audible, Chora Media e il Post e del volume Podcast. Guida alla creazione, pubblicazione e promozione (Apogeo, 2023). Non perdere il suo corso live per Feltrinelli Education: Come fare un podcast. Registrazione, postproduzione, monetizzazione.