Che cos'è la blockchain e come funziona

Che cos’è la Blockchain e perché è “la tecnologia del futuro”?

Blockchain non è sinonimo di criptovalute e – nonostante il Covid-19 – la tecnologia continua a svilupparsi rapidamente, attirando anche l’attenzione delle banche centrali

03/02/2021 , tempo di lettura 4 minuti

Blockchain e criptovalute non sono sinonimi, ma sono due termini fortemente collegati tra loro. Occorre partire necessariamente da qui per spiegare cos’è la blockchain e per quale motivo ultimamente non si sente parlare d’altro. 

Si tratta di una tecnologia innovativa con un potenziale di sviluppo enorme che supera i bitcoin e si estende ai contratti intelligenti, alle transazioni finanziarie, all’industria e a moltissime altre applicazioni. Proprio a causa di questa poliedricità, i suoi meccanismi di funzionamento possono risultare difficili da comprendere per chi si approccia per la prima volta a questo mondo fatto di blocchi, catene e crittografia

Che cos’è la blockchain 

Volendo semplificare il più possibile, la blockchain può essere descritta come un enorme registro digitale contenente dati e informazioni. Le singole voci sono raggruppate all’interno di blocchi e ad ogni blocco ne segue cronologicamente un altro in un’infinita catena (da qui il termine blockchain) resa sicura grazie alla crittografia. Ognuno di noi ha la possibilità di accedere ai contenuti presenti nei blocchi, ma non può modificarli né cancellarli senza il consenso della rete

Le diverse tecnologie che compongono la blockchain fanno a loro volta parte dei Distributed Ledger, sistemi fondati su un registro distribuito che può essere letto e modificato da più nodi di una rete. 

Perché molti pensano che la blockchain e le criptovalute siano la stessa cosa? Perché il bitcoin, la più famosa criptovaluta del mondo il cui valore si è recentemente impennato, è stata la prima valuta digitale a utilizzare un registro distribuito che traccia ogni transazione attraverso una rete decentralizzata senza la supervisione di un’autorità centrale. 

Le 7 caratteristiche della blockchain 

Le prime due caratteristiche della blockchain sono facilmente identificabili: la digitalizzazione, perché senza il digitale questo insieme di tecnologie non esisterebbe, e la decentralizzazione, dato che, come detto più volte, non c’è nessuna autorità, ma la “verifica” è affidata ai diversi nodi del sistema. L’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano individua poi altre 5 caratteristiche: 

  1. la tracciabilità: ogni elemento presente sul registro è tracciabile in ogni sua parte ed è possibile risalire alla sua esatta provenienza; 
  2. la disintermediazione: ogni piattaforma permette di gestire le transazioni senza intermediari; 
  3. la trasparenza: i dati e le informazioni del registro sono trasparenti, visibili e verificabili da chiunque; 
  4. l’immutabilità: una volta inseriti i contenuti non possono essere modificati senza il consenso della rete; 
  5. la programmabilità dei trasferimenti: è possibile fare in modo che determinate azioni vengano effettuate in presenza di certe condizioni. 

A cosa si applica questa galassia di tecnologie? 

Alle criptovalute, certo. Ma anche alle banche e alle assicurazioni per gestire i pagamenti, agli scambi di titoli azionari, alle emissioni di nuovi bond. È possibile applicare la catena di blocchi anche all’advertising e ai media. “Ad oggi - spiega l’Osservatorio Blockchain - per questo settore sono stati identificate tre aree di applicazione: Advertising (e più specificatamente User Engagement e Media Transparency), Content (gestione del copyright e identificazione delle fake news) e Social Media (dall’identità all’advertising)”. 

Gli esperti vedono un enorme potenziale nell’ambito degli smart contract, ossia dei protocolli informatici che semplificano e controllano la negoziazione e l’esecuzione di un contratto, e dell’internet of things, utilizzando la blockchain per fornire un sistema di comunicazione sicuro per un’azienda o un’istituzione. Il sistema di blocchi è poi applicabile all’agroalimentare, per tracciare la merce e gestire le transazioni, alle utilities, con progetti orientati agli scambi di energia peer-to-peer e all’efficientamento del trading di energia, alla logistica e alla pubblica amministrazione. Insomma le possibilità sono (quasi) infinite. 

2020: l’anno della maturità 

Il rapporto presentato a gennaio dall’Osservatorio Blockchain & Distribuited Ledger nel corso dell’evento “Blockchain: the hype il over, get ready for ecosystems” rileva che la pandemia di Covid-19 ha frenato, ma non ha fermato lo sviluppo della blockchain. Anzi, su 1.242 iniziative realizzate dal 2016 al 2020, 267 sono state avviate negli ultimi 12 mesi. Rispetto all’anno precedente, gli annunci hanno registrato un crollo verticale (-80%), ma si sono impennati i progetti concreti (+59%). 

“Nel 2020 la finanza decentralizzata ha visto moltiplicare applicazioni, utenti e capitale investito, fino all'annuncio dello sviluppo di Diem (ex Libra, la valuta digitale sponsorizzata da Facebook), mentre è cresciuto l'utilizzo di criptovalute e stablecoin”, si legge nel report. Ma la novità più importante del 2020 è stata l’apertura alle valute digitali da parte delle banche centrali. È già in fase di sperimentazione il Dcep cinese, mentre la Bce ha annunciato l’intenzione di creare il Digital Euro

La blockchain in Italia 

Al primo posto della classifica degli Stati più attivi in ambito blockchain troviamo gli Stati Uniti, con 72 progetti avviati negli ultimi 5 anni. In seconda posizione c’è la Cina con 35 progetti, seguita dal Giappone con 28. L’Italia, da parte sua, si difende piazzandosi al sesto posto grazie ai suoi 18 casi e nonostante la frenata degli investimenti registrata nel 2020 (-23% rispetto al 2019 a quota 23 milioni) a causa della pandemia di Covid-19. 

Sotto il profilo settoriale, nel nostro Paese a “vincere” è la finanza, con il 58% della spesa. La finanza è anche l’unico comparto che ha fatto segnare un aumento degli investimenti (+6%). Seguono agroalimentare (11%), utility (7%) e PA (6%). Il rapporto sottolinea infine la necessità di colmare il gap tra le grandi società, che hanno già cominciato ad investire nella blockchain, e le piccole e medie imprese, che invece non conoscono ancora una tecnologia che per loro potrebbe rappresentare una via importante di sviluppo.

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