Cosa significa trovare (davvero) un equilibrio tra vita e lavoro?

Cosa significa trovare (davvero) un equilibrio tra vita e lavoro?

Ripercorriamo come e quanto è cambiato il concetto di work-life balance nel tempo e quali sono, oggi, gli elementi che concorrono a trovare davvero un equilibrio tra il lavoro e la nostra vita.

30/04/2025 , tempo di lettura 5 minuti

Otto ore in ufficio, almeno altre otto di sonno, quasi un’ora di auto se tutto va bene e ce ne restano sette per coltivare una passione, sviluppare nuove competenze, incontrare amici, mangiare almeno tre pasti, lavarci, andare in bici, fare la spesa, tenerci in forma, dedicarci a figli e affetti. E troppo spesso non sono abbastanza.

Non è un caso, quindi, se ricerche e indagini ci dicono che smart working, orari di lavoro flessibile e settimana breve sono tra le soluzioni più ambite, sempre più sperimentate dopo la pandemia grazie al costante sviluppo tecnologico e alla digitalizzazione di molti processi. 

Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia: nello spazio domestico, il confine tra l’orario lavorativo e quello personale sfuma fino quasi a sparire, e quel tempo guadagnato eliminando il tragitto casa-ufficio e semplificando le procedure viene assorbito da altre attività di lavoro. Ristabilire la giusta delimitazione non è compito solo della singola persona, ma dev'essere una priorità anche per le aziende, perché a esserne ripagata è l'intera organizzazione. 

Secondo l’ultima edizione dell’Employer Brand Research di Randstad, che indaga l’attrattività di aziende e organizzazioni, più del 60% delle persone intervistate afferma infatti che il work-life balance è l’aspetto prioritario nella scelta di un’azienda rispetto a un’altra. 


Nascita ed evoluzione del work-life balance

Con l’espressione work-life balance si fa riferimento all'equilibrio tra la vita privata e il lavoro e, per estensione, alla capacità di far convivere la sfera professionale e quella privata in modo positivo e soddisfacente per l’individuo

Come suggerisce il nome, questo concetto comincia a diffondersi dai Paesi anglofoni, prima in Gran Bretagna verso la fine degli anni Settanta e dieci anni più tardi negli Stati Uniti, inizialmente grazie alla spinta del Women’s Liberation Movement, che chiedeva il congedo di maternità e un orario di lavoro più flessibile, affinché le donne potessero conciliare il lavoro salariato con quello di cura e domestico. 

Oggi il suo significato si è molto ampliato e viene utilizzato per riferirsi sia al bisogno da parte di chi lavora di un maggiore equilibrio tra la sfera lavorativa e quella privata sia alle strategie messe in atto da parte di aziende, imprese e organizzazioni per incentivare e sostenere questo equilibrio, dato che, come dimostrano molte ricerche, ha effetti benefici tanto dentro quanto fuori dall’ufficio

Non parliamo più solo di stress, mancanza di sonno, irritabilità e burnout, che è la punta dell’iceberg della mancanza di work-life balance: uno studio pubblicato sull’European Heart Journal, infatti, ha evidenziato come prolungati orari di lavoro sarebbero associati a un rischio più elevato di forme di aritmia cardiaca, mentre un’indagine più recente che si trova sulle pagine dell’European Journal of Preventive Cardiology avrebbe individuato una correlazione tra lo stress causato dal lavoro e alcune patologie cardiache. 


L’equilibrio vita-lavoro in Italia

Si dice che il tempo sia un bene prezioso e sempre più raro, ma anche il benessere non è da meno: secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, solo un lavoratore su cinque si dichiara soddisfatto del proprio work-life balance

Varie ricerche racchiuse in "Tomorrow People. Riflessioni sul futuro del lavoro" e condotte in collaborazione con Harvard Business Review Italia confermano questa fotografia: se il 54% delle persone intervistate non è motivata nel proprio lavoro solo dallo stipendio, il 34% (più di una persona su tre) rinuncerebbe a un aumento per una migliore offerta di benessere per sé o la propria famiglia, il 32% per la possibilità di lavorare in modo flessibile. 

L’indagine Randstad ha messo in luce alcune differenze importanti: 

  • di genere: per il 64% delle donne l'equilibrio vita-lavoro è prioritario, così come un’atmosfera piacevole sul posto di lavoro, una retribuzione adeguata e la possibilità di lavorare da remoto;
  • anagrafiche: per il 64% dei baby boomers, cioè i lavoratori di età compresa tra i 55 e i 64 anni, l'equilibrio vita-lavoro è prioritario nella scelta di un'azienda. 


Alcune strategie di work-life balance

Tra i benefici che può portare un corretto equilibrio tra vita personale e percorso professionale non c'è solamente una migliore salute fisica, ma anche maggiore benessere psicologico - e quindi più concentrazione, creatività, energia e sinergia. Il benessere si trasmette così da individuo a individuo, creando un team, un dipartimento e un'intera organizzazione sana e motivata. 

Perché questo avvenga, sono necessarie strategie e politiche pensate per la popolazione aziendale di riferimento, perché - come dimostrano le differenze raccolte dalle ricerche citate - possano rispondere in modo efficace ai reali bisogni dei lavoratori che compongono l'organizzazione, aumentando il loro benessere e la fidelizzazione. 

Ci sono principalmente quattro aree sulle quali è possibile intervenire per attuare queste implementazioni: 

  • gli strumenti temporali riguardano l'organizzazione flessibile dell'orario lavorativo e si concretizza principalmente in tre modalità: orizzontale (il dipendente lavora tutti i giorni ma per un minor numero di ore), verticale (il dipendente lavora solo alcuni giorni alla settimana ma con un orario completo), misto (combina l'orizzontale e il verticale);
  • gli strumenti spaziali sono oggi ben incarnati dallo smart working, che rimane ancora limitato agli accordi individuali decisi dalle aziende;
  • i servizi per i lavoratori non si limitano più a mense e ticket buoni pasto, ma possono spaziare per esempio a bonus per i trasporti e servizi di consulenza e assistenza;
  • i servizi per la famiglia possono includere bonus nidi o nidi aziendali, contributi per la formazione dei minori e per i servizi di cura, ma anche congedo parentale e congedo per caregiver.

Ci sono poi tutte quelle politiche volte a creare un ambiente sano, creativo, ricco di scambi e di vivace crescita personale e culturale: ne abbiamo parlato a lungo in questo articolo e in questo. Ne abbiamo parlato e continuiamo a farlo, portando i nostri percorsi e progetti nelle comunità aziendali, perché è un tema che ci sta molto a cuore: per saperne di più, puoi sempre scriverci

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