Istituti Tecnici Superiori (ITS): cosa sono e perché aiutano a trovare lavoro

Cosa sono Istituti Tecnici Superiori (ITS) e perché aiutano a trovare lavoro

Il Governo intende puntare sugli ITS, investendo 1,5 miliardi. In Italia gli iscritti sono ancora pochissimi, ma chi li frequenta trova lavoro velocemente e con facilità

04/03/2021 , tempo di lettura 3 MINUTI

Gli ITS, acronimo di Istituti Tecnici Superiori, sono al centro del programma di riforma dell'istruzione del Governo Draghi. Il Premier ne ha parlato in Senato, annunciando che 1,5 miliardi di euro del Next Generation Eu, una cifra 20 volte superiore ai finanziamenti previsti in passato, serviranno a potenziare questi percorsi post diploma che ogni anno nei principali Paesi europei sfornano studenti già pronti ad entrare nel mercato del lavoro, contribuiscono a ridurre il mismatch e garantiscono tassi di occupazione elevatissimi. 

Cosa sono gli ITS 

Gli Istituti Tecnici Superiori vengono spesso confusi con gli Istituti Tecnici Industriali. Non sono però la stessa cosa. Quando si parla dei secondi ci si riferisce al percorso scolastico superiore al quale lo studente si scrive dopo la licenza media. Gli ITS sono invece dei corsi formativi professionalizzanti di durata biennale o triennale cui gli studenti si iscrivono al termine delle scuole superiori, dopo aver conseguito la maturità. Il ministero dell’Istruzione li definisce un “segmento di formazione terziaria non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione”. In Italia sono nati nel 2008, anche se la loro attivazione risale al 2011. 

I percorsi di studio 

Lo scopo degli ITS è quello di connettere istruzione e formazione direttamente ai settori produttivi che di anno in anno cercano profili professionali specializzati, spesso senza trovarli. 

In Italia sono sei le aree tecnologiche coperte dagli Its: 

  1. Efficienza energetica, 
  2. Mobilità sostenibile, 
  3. Nuove tecnologie della vita, 
  4. Nuove tecnologie per il Made in Italy (Sistema agroalimentare, Sistema casa, Sistema meccanica, Sistema moda, Servizi alle imprese), 
  5. Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali –Turismo,
  6. Tecnologie dell'informazione e della comunicazione. 

Nell’ambito del percorso, almeno il 30% delle ore di didattica viene effettuato presso un'azienda, con docenti provenienti per il 50% dal mondo del lavoro. Al termine del corso ogni studente consegue un diploma di tecnico superiore, “con la certificazione delle competenze corrispondenti al V livello del Quadro europeo delle qualifiche – EQF”, spiega ancora il MIUR. 

Perché il Governo spinge sugli ITS 

Il motivo è presto detto: terminato il percorso di studi più di 8 studenti su 10 (l’83% per la precisione) trovano lavoro entro un anno. Gli Istituti Tecnici Superiori sono infatti considerati importantissimi per ridurre l’ormai celebre mismatch, vale a dire il divario esistente fra le competenze richieste dalle aziende e quelle disponibili sul mercato, fornendo a chi li frequenta tutte le skill specialistiche necessarie per adeguare il proprio curriculum ai cambiamenti digitali, tecnologici e tecnici in corso. In un Paese in cui il mismatch ha raggiunto il 43%, il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30% e i NEET sono oltre 2 milioni, dotare gli studenti delle competenze più ricercate dalle aziende diventa fondamentale nella lotta alla disoccupazione. E gli ITS servono proprio a questo. 

Italia, Francia e Germania 

Gli iscritti agli Istituti Tecnici Superiori oggi in Italia sono meno di 20mila. In Francia sono oltre 400mila, mentre in Germania gli studenti delle Fachhochschule sono oltre un milione. I finanziamenti annunciati da Draghi mirano dunque a colmare il divario esistente con gli altri Paesi, decuplicando nei prossimi cinque anni il numero degli studenti iscritti a questi percorsi di formazione. Parallelamente, l’obiettivo è anche quello di potenziare gli ITS, garantendo standard omogenei in tutta Italia e favorendone la diffusione nel Sud Italia. Attualmente infatti, gli istituti sono concentrati soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

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