Competenze comunicative: quali servono e come allenarle

Quali sono le principali competenze comunicative e come allenarle

Si tratta di competenze trasversali che difficilmente sono certificabili con un titolo di studio o un certificato di laurea. Ma si possono comunque affinare con l’esercizio e la formazione

14/12/2020 , tempo di lettura 4 minuti

Le competenze comunicative sono quelle capacità che consentono di trasmettere informazioni efficacemente da una persona all’altra. E per questa ragione sono ritenute importanti dai responsabili delle risorse umane, che le considerano un elemento centrale in sede di colloquio di lavoro. Non a caso, vengono sempre più spesso inserite anche tra le competenze elencate nei curriculum.

Rientrano tra le cosiddette soft skill, quindi non parliamo di competenze tecniche. Sono invece competenze trasversali che difficilmente sono certificabili con un titolo di studio o un certificato di laurea. Ma che si possono comunque affinare con l’esercizio e la formazione.


Essere capaci di trasmettere informazioni in maniera efficace può rivelarsi infatti una carta vincente in molte situazioni lavorative, al di là del ruolo che si ricopre in una azienda o in una istituzione. Riunioni, negoziazioni, colloqui si realizzano sempre attraverso un confronto che coinvolge diversi fattori della comunicazione, scritta e orale, verbale e non verbale. Mettendo in gioco molti fattori del comportamento umano: parole, postura, discorso pubblico, capacità di ascolto e così via.


Quali sono le principali 

Le competenze comunicative sono insomma un biglietto da visita che conta sempre di più nel mondo del lavoro. Vediamo quali sono alcune delle principali, secondo Ninja Marketing.


Empatia. Non si può essere compresi del tutto da chi si ha di fronte, se non gli si mostra empatia. Il segreto sta nel cercare di vedere le cose dal punto di vista dell’altro.


Capacità di risolvere i conflitti. I conflitti implicano relazioni comunicative tumultuose sul posto di lavoro. Ignorarli non è una buona soluzione. Per limitarli, bisogna affidarsi a una buona comunicazione. Ciò significa controllarsi e focalizzarsi sui problemi, non sulla conflittualità con le persone.


Fare buone domande. Un buon comunicatore non è colui che ha le risposte a tutto, ma chi pone le domande giuste. Proporre domande aperte, magari derivate da una curiosità, pensando a come gli altri potrebbero beneficiarne, è la strada giusta.


Ascoltare attivamente. Ascoltare non solo con le orecchie, ma con la propria mente, non fermandosi solo alle parole, ma al comportamento utilizzato e alle emozioni di chi abbiamo davanti, può portare a comprendere maggiori dettagli. E anche a fare le domande giuste.


Usare il linguaggio del corpo. Il 97% della comunicazione usa il linguaggio non verbale. È di vitale importanza, quindi, avere padronanza del proprio corpo e del suo utilizzo. Provare a tenere il proprio corpo rilassato e una postura che mostri sicurezza è certamente d’aiuto nel comunicare.


Essere sicuri di sé quando si parla in pubblico. Parlare in pubblico è, per molti, una grandissima paura. Eppure, è anche in una delle forme di comunicazione più potenti ed efficaci. Il segreto è non puntare a essere perfetti, ma tenere come obiettivo quello di essere entusiasti nel presentare il proprio messaggio.


Pensare come dei leader. I migliori leader sono dei maestri nell’arte della comunicazione, aiutano a creare un clima di collaborazione, autenticità e ascolto.


Essere autentici. Le persone che ci troviamo davanti si fideranno solo se si trovano di fronte una persona senza maschere o coperture. Senza la loro fiducia, non ci può essere una buona comunicazione. Essere onesti, anche ammettendo i propri difetti, condividere le proprie esperienze personali e parlare con convinzione sono tutti elementi che generano fiducia in un atto comunicativo.



Come migliorarle? 

Molto ha a che fare con le attitudini personali, ma tutti possono esercitarsi per allenare le proprie competenze comunicative.


In particolare, per i più timidi, ci sono i corsi di public speaking. Che prevedono diversi step: non sono prepararsi sul proprio discorso e sull’argomento di cui si sta parlando, per essere sempre pronti a rispondere alle domande, ma anche migliorare la qualità del discorso per mantenere sempre attiva l’attenzione dell’uditorio, magari inserendo esempi della vita quotidiana o qualche cenno ironico.


Il linguaggio non verbale, poi, offre molti esercizi per fare pratica, come mantenere una postura rilassata e aperta al confronto, così da trasmettere un senso di disponibilità all’altra persona. Altro dettaglio importante è il contatto visivo: guardare negli occhi l’interlocutore faciliterà l’intesa, oltre a essere un segnale di forte autostima.


Amy Cuddy, psicologa sociale e docente alla Business School di Harvard, spiega come queste forme di linguaggio non verbale possono fare la differenza, a partire dalla selezione in fase di colloquio di lavoro. Per questo, prima di entrare a incontrare il selezionatore, Cuddy consiglia di fare un piccolo esercizio che, seppure possa sembrare banale, può essere molto efficace. L’esercizio consiste nell’assumere una postura “forte” anche solo per qualche minuto. Questo, secondo Cuddy, può aumentare il livello di testosterone, l’ormone dominante, e ridurre il cortisolo, l’ormone dello stress. Una reazione chimica istantanea, che ha il potere di rendere più ottimisti e disposti a esporsi.


“Può tornare molto utile in momenti di particolare nervosismo come un colloquio”, assicura la psicologa. “Invece che stare seduti chini sullo smartphone o a consultare gli appunti, sforzarsi di assumere una posa forte per un paio di minuti può essere di grande aiuto nell’affrontare con successo l’incontro”.


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